Un altro grande tragediografo del quale sono arrivate a noi 18 opere delle 88 di qui parla la tradizione. Vinse soltanto 4 volte il premio di miglior autore. Da questo comprendiamo che non fu molto amato dal pubblico, tanto che fu oggetto di satira e ironia. Euripide fu compreso e apprezzato molto tempo dopo la sua morte, inoltre il suo teatro fu il più “esportato” dalle compagnie teatrali in tutto il bacino del mediterraneo, preferito agli altri grandi autori. Nel teatro di Euripide si accentuano i contrasti tra gli uomini, non vi è più un legame o un preciso momento storico o religioso, egli pone al centro delle sue opere l'uomo e la DONNA, sopratutto le figure femminili diventano protagoniste delle tragedie e vengono mostrati gli aspetti più nascosti e sconvolgenti della loro natura. Diventa l'autore preferito dai posteri, per questo di lui ci rimare il numero più alto di opere. Euripide attiva un'analisi dei comportamenti e delle REAZIONI di uomini e donne quando si trovano in determinate situazioni. Un altro particolare interessante è che i personaggi cambiano le loro idee alla fine della rappresentazione e arrivano addirittura a contraddirsi rispetto alle loro posizioni iniziali. Questo tipo di atteggiamento era INCONCEPIBILE per i greci, abituati a figure FORTI e CONVINTE che credevano fermamente nelle loro opinioni. In questo Euripide è innovativo perché non presenta MODELLI ma UOMINI VERI e quindi anche fragili. Una delle tragedie, l'ALCESTI presenta la figura di un eroe che si rivela debole e vigliacco, a differenza di una DONNA che si comporta eroicamente. Euripide mortifica anche il mito di MEDEA (nel mito questa donna uccide i suoi figli involontariamente ma se ne assume la colpa) nella versione di Euripide, uccide per sua scelta i figli per ferire il marito, moltissimi autori si sono poi ispirati a questa versione. Si può notare che il coro prende una sua posizione e partecipa in modo molto più rilevante alle azioni, novità rispetto alla tradizione, e vi è un monologo stupendo in cui la donna affronta un percorso di dolore, prima che avvenga l'infanticidio all'interno della casa, inoltre le donne del coro accorrono davanti alle porte per cercare di scongiurare il peggio. Euripide riduce le parti liriche del coro e fa entrare di più gli attori protagonisti (in scena massimo 3 personaggi) questa scelta avvicina la tragedia alla forma del melodramma. Ci sono molte leggende sul suo conto perché spesso si confonde la realtà con la satira di ARISTOFANE che era solito prendere in giro l'autore, approfittando dei suoi scarsi consensi tra la popolazione. Sappiamo ad esempio che ai giovani nobili che giungevano in Grecia per istruirsi veniva mostrata una caverna in cui si diceva che Euripide scrivesse le sue opere, questo non è del tutto vero, è vero però che Euripide era un uomo che non partecipava alla vita sociale cittadina, ma preferiva discostarsene o divenirne il commentatore.
Si diceva che Euripide si facesse aiutare a scrivere le sue tragedie da un suo nipote, con il quale la moglie lo tradiva, ragion per cui si pensava che l'autore fosse misogino. Si può notare nelle sue opere la descrizione accurata e l'esaltazione degli aspetti peggiori delle donne (es. Medea). Egli sconvolge la figura femminile della società greca e gli conferisce una nuova identità, ma sarebbe banale dire che ciò si spiega per un odio nei confronti delle donne. Euripide fu il primo autore greco a possedere una BIBLITECA privata. Aristofane affermava che Euripide provenisse da una famiglia di agricoltori, probabilmente per sottolineare la quantità di verdura lanciata sul palco come espressione di disappunto del pubblico. La tradizione parla di 88 opere tra tragedie e drammi satireschi. Egli è un personaggio particolare, un pensatore che si soffermava sul fatto che in 10 anni si fossero formate nuove scuole di pensiero, e si sa che il nuovo fa paura alla società. A differenza di Sofocle che rifiuta ogni cambiamento, Euripide si apre a queste correnti pur non facendosi mai coinvolgere, diventa un PENSATORE IRREQUIETO, alla ricerca continua di scoperte, a volte arriva a contraddire le sue posizione iniziali. In alcune opere ad esempio prende in giro le divinità perché non riesce ad accontentarsi delle credenze comuni (a differenza di Eschilo che accresce la sua fede). Euripide non riesce ad accettare una divinità ingiusta ed estranea. Infatti nelle situazioni confuse gli Dei intervengono come per magia a risolvere i casi con il fine di ridicolizzare le divinità. In altre tragedie invece vi sono le più belle liriche dedicate agli Dei. Euripide tenta tutte le strade possibili e forse per questo non si può parlare di un filo conduttore per le sue tragedie, ma si possono dividere in 3 gruppi: quelle individuali ALCESTI, MEDEA, IPPOLITO, quelle corali e quelle d'intrigo (che sono le più banali) ma da un punto di vista storico sono alquanto interessanti. Si tratta di storie di personaggi di cui non si conosce l'identità che poi si scopre grazie al ritrovamento ad esempio di un particolare oggetto. Nasce così la COMMEDIA NUOVA, tanto che Euripide viene considerato il padre della commedia che ritroveremo con Plauto a Roma, in cui ha le origini L'OPERA COMICA o il DRAMMA GIOCOSO (es. Figaro di Mozart).
ALCESTI
Non è una vera e propria tragedia, perché non ha un finale tragico, sostituisce un dramma satiresco (Euripide non amava scrivere quel tipo di rappresentazione). Questa opera è una rivisitazione di un mito conosciuto. ADMETO sovrano di FERE in Tessaglia, grazie al favore di Apollo riesce a scampare alla morte a condizione che qualcun altro si sacrificasse per lui. (per la tradizione vi è un matrimonio tra due estranei, una sorta di contratto, e la sposa muore subito dopo la cerimonia). Nella versione di Euripide invece la donna muore anni dopo il matrimonio. I due si amano e hanno generato dei figli. Ma inesorabilmente il giorno dell'addio giunge per ALCESTI e nemmeno Apollo può evitarlo. Anche Admeto fa di tutto per salvare la sua sposa, arriva anche a scontrarsi con suo padre accusandolo di non essersi sacrificato, ormai già vecchio, per salvare la vita alla giovane. Ma il padre afferma che l'unico scopo di una moglie è di morire al posto del marino e respinge le accuse del figlio dandogli del codardo. Presso la casa di Admeto colpita dal lutto giunge Eracle a cui il sovrano non nega l'ospitalità, ma non lo informa della morte della regina. ERACLE finisce per ubriacarsi e il gozzovigliare dell'ospite spinge un servo a rivelargli la realtà dei fatti (ovvero che non è morta una donna che viveva nella casa, ma la moglie di Admeto, Alcesti). L'eroe fortemente pentito decide così di andare nell'Ade per riportarla in vita. Eracle ritorna con una donna velata che poi si scopre essere ALCESTI, a cui però non è consentito parlare per 3 giorni, tempo necessario per essere “sconsacrata” dagli inferi. È un esempio di tragedia caratterizzata da una sezione propriamente “tragica” e una conclusione che si risolve positivamente. Euripide modifica anche Omero, infatti per lui ELENA vive in Egitto ed è fatta di ARIA e NUVOLE, con questo l'autore vuole dire che non c'è mai una ragione valida per scatenare una guerra.
IPPOLITO
Ippolito è il figlio del re di Atene TESEO (quello del labirinto e del filo di Arianna) e dell'amazzone IPPOLITA. Teseo aveva riscattato la Grecia dalla supremazia di Creta e del re MINOSSE. Era ormai diventato un uomo maturo e aveva sposato FEDRA la sorella di Arianna, più giovane di lui di 20 anni, che si ritrova a vivere a corte insieme al figlio ventenne del re: Ippolito. Questa tragedia era già stata presentata tempo prima con il nome di “Ippolito velato”, in tale versione Fedra si innamora di Ippolito, il quale però rifiuta le avance della matrigna. Fedra scrive quindi una lettera in cui rivela di essere stata violentata da Ippolito e poi si uccide. Questa prima stesura aveva sconvolto il pubblico quindi Euripide fa dei cambiamenti e la ripropone con il nome di: “IPPOLITO CORONATO”. Nel prologo di quest'ultima versione presenta AFRODITE e ARTEMIDE dee dell'amore e della caccia e quindi fa si che tutti gli eventi siano causa della volontà divina. Ippolito offre doni e sacrifici alla dea Artemide, è un giovane testardo ed è convinto delle sue idee che ripudiano tutto ciò che riguarda le donne, la famiglia e la sessualità per cui Afrodite decide di punirlo facendo innamorare la sua matrigna FEDRA di lui. A questo punto Fedra diventa vittima di questo insano amore e soffre per la vergogna di questo sentimento. Disperata la donna si confida con una governante, quest'ultima in buona fede rivela tutto ad Ippolito dopo avergli fatto giurare di non parlare mai a nessuno, nel tentativo di far star meglio Fedra. Il ragazzo però non dimostra ne pietà ne compassione, ha una reazione rabbiosa e offensiva, al punto che Fedra sentendosi umiliata decide di togliersi la vita, ma prima scrive un biglietto in cui accusa Ippolito di averla violentata. Teseo, scoperto il cadavere della moglie e il biglietto caccia via il figlio maledicendolo, non credendo alle parole del figlio che dice di non avere responsabilità, e mentre Ippolito lascia la sua città su un carro, un mostro uscito dal mare fa imbizzarrire i cavalli, che fanno schiantare il carro contro le rocce. Artemide racconta a Teseo la realtà dei fatti dimostrando l'innocenza di Ippolito, il re allora si rivolge al figlio ottenendo il suo perdono prima che questi muoia.
MEDEA
È la storia di una donna che per vendicarsi e ferire il marito uccide i figli. Euripide si serve del mito per scopi comunicativi e per trasmettere il suo punto di vista. Nel mito infatti la donna aveva intenzione di donare l'immortalità ai figli uccidendoli, in altre versioni i figli vengono uccisi dai cittadini di Corinto e successivamente viene incolpata Medea. Euripide invece dipinge un personaggio atipico per la tradizione tanto che il pubblico non lo accetterà. La donna perfeziona la sua vendetta nel tempo e l'unica che apparirà alla Medea vendicatrice sarà la stessa Medea nonna dall'istinto materno, ma la vendetta dovrà inevitabilmente compiersi. Il personaggio descritto da Euripide assume le sembianze di un'eroina. La tragedia si apre con il prologo della governante o nutrice che fa un “riassunto” concitato e pieno d'angoscia perché è spaventata al pensiero di ciò che potrebbe accadere dopo il tradimento di Giasone, marito di Medea. Il mito prende inizio dalla leggenda del VELLO D'ORO (montone = vello, La storia ha un fondamento di verità perché nella COLCHIDE si cercava l'oro usando pelli di montone) che era stato perso (rubato) da Giasone dopo che il re della Colchide lo aveva sottoposto a prove mortali. Giasone però aveva trovato come alleata la figlia del Re, Medea, che quindi per lui aveva tradito suo padre e il suo popolo. Medea si era trasferita a Corinto, insieme al marito Giasone e ai figli, abbandonando il padre per seguire il marito. Tra i due era stato stipulato un vero patto tra eroi, e la punizione per chi viene meno a tale giuramento è la morte. Dopo alcuni anni Giasone decide di ripudiare Medea per sposare la figlia di Creonte, re di Corinto, ottenendo il diritto di successione al trono. Questo provoca l'ira di Medea che prima studia e poi attua il piano per vendicarsi. Invitata a lasciare la città di Corinto dal re Creonte, che temeva la vendetta. Fingendosi rassegnata invia alla futura sposa di Giasone una ghirlanda e una veste avvelenata. Dopo averla indossata la ragazza muore, stessa sorte per il padre che cerca di aiutarla. A quel punto Giasone, che si era giustificato opponendo solo banali ragioni di convenienza, accorre a salvare la prole, ma appare Medea sul carro alato del Dio Sole che gli mostra i cadaveri dei figli che ella pur straziata nel cuore ha ucciso, privando così Giasone di una discendenza. Nel finale la donna vola verso Atene lasciando il marito a maledirla distrutto dal dolore. A Medea viene conferito l'aggettivo SOFE', aggettivo con cui di indicavano le donne sagge che conoscevano il mondo e sapevano come affrontarlo. |
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