E' considerato il padre della tragedia greca anche se prima di lui ci sono stati circa altri 10 autori, ma le loro opere sono andate quasi tutte perdute e quindi non c'è modo di ricordarli. Eschilo AGGIUNSE il SECONDO “PERSONAGGIO-ATTORE” si ebbe quindi il PROTAGONISTA e il DEUTERAGONISTA. Questo autore mantiene un linguaggio aulico, solenne. SOSTIENE che la tragedia DEVE ESSERE SCRITTA in VERSI. Si pensa abbia scritto circa 78 TRAGEDIE (per altri più di 90) ma a noi ne sono arrivate 7. Eschilo è legato alla storia della battaglia di Maratona contro i persiani, la guerra del passato più immane, superata solo dalla prima guerra mondiale. La Persia poteva contare su un esercito di circa 1 milione di soldati (spesso si raccontava ai greci delle barbarie dei persiani e delle torture che questi infliggevano ai prigionieri). Paradossalmente se la Grecia non fosse sopravvissuta ai persiani non sarebbe mai esistita Roma. In linea generale tutti i poeti erano contro la guerra compreso Eschilo ma così come quest'ultimo la giustificavano solo per la DIFESA DELLA PATRIA. Eschilo stesso partecipò alla battaglia di SALAMINA. Durante il periodo delle guerre nacquero moltissime alleanze contro il nemico comune, e a capo di questa alleanza di popoli della Grecia fu scelta Atene, proprio per questo giunsero molte offerte economiche presso la città e gestite da Pericle furono investite per arricchirla. Sorsero in questo periodo il PARTENONE, il PORTO e le sue SCUOLE FILOSOFICHE, il periodo di massimo splendore per la tragedia fu la metà del IV secolo a.c.. Eschilo morì a Gela in Sicilia, dove si trovava in occasione della fondazione della città di ENNA per la quale scrisse le ETNEE andate poi perdute. Un particolare interessante è che nel suo epitaffio non vi è alcun riferimento alla sua grande carriera di autore. Nelle opere di Eschilo non viene mai citato il tempo in cui si svolge la storia.
AGAMENNONE
Una delle più celebri opere di Eschilo è l'AGAMENNONE, che si svolge al ritorno del re dalla guerra di Troia. La tragedia si conclude con l'uccisione di Agamennone e Cassandra da parte di Cliternestra ed Egisto, l'atto dell'omicidio non viene mai visto dal pubblico, questo amplifica la sensazione di terrore e pietà, gli spettatori infatti vedranno in seguito solo i cadaveri sulla scena.
COEFORE
Nel prologo di quest'opera si vedono ORESTE (figlio di Agamennone e Cliternestra) e Pilade, suo compagno, sulla tomba di Re Agamennone. Oreste fu dato in affidamento ad una famiglia, lontano dai suoi genitori, probabilmente Cliternestra prese tale decisione per proteggerlo. Il dio Apollo (simbolo della vecchia religiosità) appare ad Oreste e gli ricorda di vendicare la morte del padre, a questo punto entra il coro formato da COEFORE (schiave). Elettra è la sorella di Oreste che lo aiuterà a vendicarsi (il “complesso di Elettra” è l'equivalente del “complesso di Edipo”, ma della figlia nei confronti del padre). A Cliternestra viene comunicato che Oreste è morto così lei manda una governante a chiamare Egisto. In questo caso il coro assume stranamente una funzione DRAMMATURGICA perché suggerisce alla governante di dire ad Egisto di incamminarsi senza scorta, così lungo il viaggio incontrerà Oreste e verrà ucciso. Cliternestra sente le urla, esce dal gineceo (la parte interna della casa) e vede il cadavere di Egisto, con accanto Oreste che impugna la spada ancora grondante di sangue. A questo punto Oreste tenta di uccidere anche la madre, questa si getta a suoi piedi e gli mostra il seno materno (nella rappresentazione era sicuramente un uomo a fare la parte della donna), Oreste chiede consiglio a Pilade e a questo punto inizia un dialogo tra madre e figlio, poi il giovane la afferra e la trascina all'interno della reggia (fuori scena) e prende a parlare il coro. Le erose cagne invocate da Cliternestra sono i sensi di colpa rappresentati dalle arpie che ossessionano Oreste che alla fine correrà via dopo aver ucciso la madre, urlando e piangendo. Per un attimo però in Oreste è prevalso l'amore materno, sopraffatto poi da odio e vendetta, ma sarà proprio tale attimo a salvare Oreste dagli inferi. Pilade ricorda ad Oreste che le sue azioni sono volontà degli dei (di Apollo) e che quindi è stato costretto a compierle anche contro la sua volontà. ESCHILO introduce il concetto di STICOMITIA: un dialogo molto concitato durante il quale i due attori si alternano nella recitazione dei versi, in una sorta di botta e risposta. Vedere questi elementi messi in scena provoca la fuoriuscita di sentimenti come l'odio o la vendetta dall'inconscio e le conseguenze dalle azioni provocate da tale ira dei personaggi aiutavano ad estirpare questi sentimenti.
EUMENIDI
In quest'opera Eschilo modifica il mito, infatti per il mito Oreste si purifica tramite dei riti o uccide le arpie usando un arco donatogli da Apollo. Eschilo mostra Oreste nel centro di Delfi intento a pregare Apollo, circondato dalle arpie, il dio gli dice di volare con Hermes ad Atene dove gli promette la pace. Usciti di scena Hermes ed Oreste compare l'OMBRA (o fantasma che spesso ha il compito di comunicare qualcosa) tradizione ripresa poi da Seneca e in seguito da Shakespeare. L'ombra è di Cliternestra che ordina alle arpie di inseguire Oreste. Ad Atene Oreste, Apollo e le arpie di ritrovano in una specie di tribunale presieduto da Atena (prende il nome di OREOPAGO, che era il nome del tribunale realmente esistente presso i greci, riservato però ai ceti più elevati. Eschilo gli da origini divine). Il giudice supremo Atena asserisce che in caso di parità dei voti della giuria l'imputato viene dichiarato non colpevole per cui Oreste viene assolto e si conclude la tragedia. È un esempio di come non sempre la tragedia si conclude “male”, l'importante è che alla conclusione si arrivi tramite un percorso di lotta e sofferenza. Il messaggio che Eschilo vuole far arrivare al pubblico è che l'uomo non è in grado da solo di giudicare, ma deve essere giudicato da un superiore senso morale, in questo caso Atena che personifica la MORALITA'. |
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