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Introduzione

Le premesse alla creazione del protocollo MIDI vanno cercate ed osservate nel particolare periodo in cui esso si è sviluppato: un momento in cui il progressivo aumento della potenza di elaborazione, bilanciato da una conseguente discesa dei prezzi generava una sempre crescente richiesta di maggiore flessibilità automatizzando l’esecuzione. E’ un periodo nel quale viene sviluppato sempre più il controllo digitale dei sintetizzatori analogici oltre che la generazione sonora digitale vera e propria, e si cerca una proposta digitale di interfacciamento analoga all’interfacciamento analogico. Negli anni ’70 vari erano stati i formati proprietari di interfacce digitali per strumenti musicali, tra cui il Roland DCB (Digital Control Bus), il sistema Oberheim ed il sistema “keycode” di Yamaha, ma tali rimanevano ed impedivano di fatto l’interfacciamento di macchine di diversa marca.
Il Midi nasce come proposta nel 1981 da Dave Smith della Sequential Circuits che presenta all’AES un documento che accolse subito consensi entusiastici, nel 1982 si presentano le specifiche ufficiali da parte di un’associazione di costruttori di strumenti digitali (Yamaha, Sequential Circuits, Roland, Korg, Kawai), ed il protocollo Midi 1.0 specs viene pubblicato nell’Agosto del 1983. Le specifiche dello standard MIDI sono custodite e regolate a cura di un’associazione denominata MMA (MIDI Manifacturer Association), che negli anni ha più volte rifinito ed aggiornato il protocollo, aggiungendo supporto ed implementazioni per nascenti tecnologie, come il MIDI Show Control (MSC)del 1991, il MIDI Time Code (MTC) per l’implementazione del SMPTE mediante messaggi MIDI nel 1989, lo standard MIDI-file del 1988 ed il formato General MIDI del 1991, per citarne alcuni.
Bisogna tenere sempre bene in mente la differenza fondamentale tra MIDI e audio: i dati MIDI non contengono il suono, ma solo i dati di controllo per crearlo. Il suono vero e proprio viene, poi, creato in locale da un sintetizzatore esterno o residente sulla scheda audio, oppure da un sistetizzatore virtuale (emulato via software), con grossi vantaggi pratici come il basso “peso” dei files e l’elevata editabilità, oltre a richiedere una modesta potenza di elaborazione, qualità che ha determinato l’enorme sviluppo del formato MIDI- file in un’era informatica caratterizzata da basse potenze elaborative e basse velocità di connessione. Un chiaro esempio di questa prerogativa è l’uso dei MIDI-file per le suonerie dei telefoni cellulari, apparecchi tipicamente a bassa potenza di elaborazione.