Controfagotto

Il controfagotto deriva dal fagotto, di cui è, in un certo senso, un ampliamento e ne condivide l'intero sistema di chiavi e di posizioni, tanto che a suonare questo strumento sono solitamente i fagottisti. Creato a Berlino nel 1620, assomiglia ad un lungo tubo ritorto quattro volte su se stesso. Per le sue notevoli dimensioni, l'esecutore deve suonarlo appoggiandolo a terra.



Lo strumento è traspositore d'ottava verso il basso, vale a dire che le note scritte suonano d'effetto un'ottava sotto. Le note acute sopra il Sib sarebbero eseguibili solo con l'uso di ance speciali che, però, renderebbero difficile l'emissione dei suoni gravi, cioè proprio quelli che rendono timbricamente prezioso questo strumento.

La tecnica del controfagotto è la stessa del fagotto, ma essendo più grave la sua regione sonora e   più lente le sue vibrazioni, è meno agile o, comunque, meno adatto ad acrobazie. I trilli sono d'intonazione approssimativa e, per lo più, di lenta emissione. Oltretutto lo strumento esige molto fiato.
Prima degli inizi del XX secolo, a causa di alcune imperfezioni costruttive, al controfagotto veniva preferito il sarrusofono, pur rimanendo il termine “controfagotto” scritto in partitura. Ma dalla fine del XIX secolo in poi il suo posto in orchestra è stabile ed indispensabile per coprire il registro 32' della famiglia dei legni. Anche se già Beethoven lo usò mirabilmente nel finale della Nona sinfonia, per ottenere l'effetto denominato alla turca, il controfagotto si distingue in orchestra, anche in assolo, a partire dalla fine del XIX secolo, come nel celebre Apprendista stregone di Paul Dukas dove il suo lugubre timbro, pigro e cavernoso, lo rende inconfondibile. Altri compositori che usarono il controfagotto nelle loro partiture furono Giuseppe Verti nel Don Carlos e Maurice Ravel in Ma Mère l'Oye.