Nonostante il clarinetto nasca come vero e proprio strumento in tempi relativamente recenti, il principio e la meccanica su cui si basa il suo funzionamento hanno origini molto antiche.
Il principio dell'ancia, infatti, si trova già nel memet egiziano, uno strumento risalente al 2700a.C, formato da una coppia di canne in cui, appunto, risuonava un'ancia. Durante la storia, molti altri strumenti presero in prestito questo principio come, per esempio, le launeddas sarde costruite con vari tipi di canne, note dal 900a.C. Il chalameau, il predecessore del clarinetto moderno, era costituito invece da un corpo cilindrico di canna abbastanza semplice in cui, nella parte superiore, attraverso un'incisione, veniva ricavata l'ancia. Questa primordiale forma di clarinetto fu oggetto di innovazione da parte d i un artigiano di Norimberga, Joahnn Chrisian Denner il quale, nel 1690, modificò lo strumento in modo che questo avesse sei fori anteriori, uno posteriore e due chiavi chiuse. Queste due chiavi erano poste una sopra i fori anteriori ed una sopra quello posteriore. Poco dopo Denner, assieme al figlio, apportò un'ulteriore modifica al chalameau, spostando il foro della chiave posteriore e rimpicciolendolo in modo che potesse essere utilizzato sia come chiave del Sib, sia come foro portavoce, immettendo quindi il registro superiore. Il termine clarinetto deriva da 'clarino', parola una volta utilizzata per gli strumenti appartenenti alla famiglia delle trombe, unito al suffisso diminutivo '-etto' poiché questo strumento, alle sue origini, presentava un suono stridente ed acuto simile a quello di una tromba. Nel 1732, in uno scritto di Johan Gottfried Walther, appare quindi, per la prima volta, il clarinetto. Probabilmente, il clarinetto mantenne il suo timbro ed il suono squillante e penetrante fino agli inizi del 1800 quando, negli scritti del tempo che illustravano come imparare a suonare questo strumento, il suo suono iniziò ad essere descritto come pieno, dolce e piacevole. Una modifica a questa prima forma di clarinetto viene attuata dal figlio di Denner, Jacob Denner, il quale, aggiungendo al clarinetto una lunga chiave aperta, permise a questo strumento di raggiungere la notevole estensione attuale; lo strumento divenne in grado, quindi, di raggiungere il Si3, cosa che prima era impossibile. Nonostante, nei decenni successivi vi fu l'impegno di molti artigiani per apportare ulteriori modifiche e piccole migliorie al clarinetto, i risultati non furono particolarmente rilevanti. Il tipo di clarinetto più diffuso oggi nacque pochi anni prima del 1839, data in cui questo modello venne presentato per la prima volta a Parigi dal suo inventore. Assieme a questo tipo, un altro tipo di clarinetto, diffuso in Germania ed in Austria, molto utilizzato oggi, si caratterizza per le modifiche apportate alla posizione delle chiavi che vennero adattate alle caratteristiche delle mani dei clarinettisti. Anche oggi, comunque, il clarinetto è oggetto di studio e si cerca tuttora di apportare a questo strumento delle modifiche che ne migliorino le caratteristiche acustiche e la maneggevolezza da parte degli esecutori. Tra i contemporanei che più di altri si sono cimentati nel migliorare lo strumento sono da ricordare il clarinettista Rosario Mazzeo e lo svizzero Renè Hagmann. Come sappiamo il clarinetto fa parte della famosa famiglia degli strumenti a fiato ed è dotato di un'ancia semplice battente. Questo strumento si presenta con una forma sostanzialmente cilindrica che permette al clarinetto di emettere suoni più gravi di una quinta rispetto agli strumenti di uguale lunghezza ma con forma conica. Nella parte superiore, il clarinetto presenta una sorta di piccola strozzatura che rappresenta l'imboccatura (chiamata anche bocchino), ossia il punto in cui il musicista, ponendola tra le labbra, immette l'aria che fa suonare lo strumento. Proprio qui, all'interno del bocchino, sono poste l'ancia e la legatura che servono appunto a produrre le vibrazioni sonore. Scendendo, poi, troviamo il barilotto, ossia la parte atta a far risuonare la vibrazione, ed il corpo del clarinetto. Sulle due parti del corpo, che solitamente si presentano divise, anche se alcuni modelli vengono costruiti con un unico pezzo, sono presenti i fori (24 di dimensioni diverse), le chiavi e gli anelli attraverso i quali, a seconda dell'impostazione delle dita, il clarinettista è in grado di modellare il suono. In fine, nell'ultima parte, il clarinetto presenta una svasatura a campana, la quale ha la funzione di dare ulteriore risonanza ai suoni. I materiali con cui vengono costruiti i clarinetti sono diversi, anche se, solitamente, si preferisce il legno di ebano da cui prende origine il caratteristico colore nero. Tuttavia esistono clarinetti costruiti in metallo o in cristallo, ma solitamente questi due materiali sono poco apprezzati dagli artisti poiché il suono che producono risulta eccessivamente freddo ed aggressivo. Altro materiale utilizzato è la plastica con cui, tuttavia, vengono costruiti clarinetti a semplice scopo didattico. Il clarinetto è uno strumento traspositore. Genericamente, quando si parla di clarinetto, si sottintende il registro facendo implicito riferimento al clarinetto soprano in Sib, il più utilizzato. C'è anche il clarinetto turco o clarinetto greco in Sol (soprano), usato molto nella musica turca, araba e greca. Il clarinetto in Sib di oggi ha quasi sempre, almeno in Italia, una chiave speciale. Il sol e il la sopracuti sono note piuttosto spinte, ma ormai l'esecutore è abituato a raggiungerle, e perciò non lo preoccupano molto. Oltre questo limite, invece, l'emissione diventa sempre più difficile e pericolosa, e difficile è anche l'intonazione. Si può affermare che l'estensione del clarinetto è di tre ottave più un intervallo di sesta minore o maggiore a seconda del modello. L'estensione del clarinetto è suddivisa in tre registri musicali, tale divisione avviene in base alla diteggiatura usata per ottenere le note dei vari registri:
Negli strumenti ad ancia, il passaggio da un registro ad un altro coincide con il fatto di mettere in evidenza armonici successivi tra quelli propri della colonna d'aria di quel particolare strumento. Il clarinetto, avendo cameratura fondamentalmente cilindrica, permette alla colonna d'aria di risuonare come una “canna chiusa”, cioè solo con gli armonici dispari, che sono il primo (fondamentale), il terzo (corrispondente ad un intervallo di dodicesima, un'ottava più una quinta), il quinto, il settimo, ecc. Quindi il cambio dal registro di chalumeau a quello di clarino vede il passaggio da una risonanza fondamentale con canna corta ad una risonanza di terzo armonico con canna lunga (funzione del portavoce), abbiamo cioè un Si3 che è la dodicesima della risonanza fondamentale della canna lunga. Le note del registro altissimo sono ottenute con diteggiature che mettono in evidenza gli armonici successivi al terzo. Il passaggio dal registro di chalumeau a quello di clarino, ovvero dalla nota più acuta del registro grave alla più grave del registro medio, è un punto particolarmente critico nel clarinetto, sia dal punto di vista esecutivo sia come sonorità. Il clarinetto è uno strumento assai agile. Scale, arpeggi di ogni tipo e a notevole velocità possono prodursi molto facilmente press'a poco come sul flauto, ma con una prodigiosa mobilità di carattere, come un elemento liquido che scivola rapido dove lo si vuol indirizzare. Di tali prerogative hanno fatto tesoro tutti i compositori fin dall'apparizione di questo strumento nella pratica ordinaria. Per quanto riguarda lo staccato con il clarinetto è possibile la sola articolazione semplice, (anche se alcuni strumentisti virtuosi sono in grado di usare anche l'articolazione doppia con risultati eccellenti) in generale lo staccato su passi e note ribattute è più facile. Come per l'oboe i suoni frullati non sono spontanei e risultano abbastanza inespressivi, più che altro di effetto decorativo. Ci sono poi i portamenti, effetti usati sopratutto nello stile jazz e servono in particolar modo per quel senso del comico e del grottesco, che questo strumento ha raggiunto nella tecnica virtuosistica afro-americana. Al contrario lo strumentista presente nelle orchestre normali è ancora contrario ai portamenti e li considera dannosi alla tecnica dell'emissione. Inoltre abbiamo anche alcune tecniche di respirazione, come la respirazione circolare oppure la slap tongue; La prima utilizzata sugli strumenti a fiato in generale permette di ottenere un suono continuo senza interruzioni dovute all'inalazione, la seconda utilizzata più nello specifico (anche sul sassofono), consiste in un suono secco e percussivo ottenuto facendo “schioccare” la lingua sull'ancia al momento dell'attacco della nota. Grazie a queste doti tecniche ed espressive, il clarinetto è presente in vari generi musicali. Esso è ampiamente presente nella musica classica. Il suo ingresso nell'orchestra sinfonica, tuttavia, è avvenuto relativamente tardi (per merito di Mozart che ne intuì l'originalità del timbro e le potenzialità) poiché raggiunse un adeguato livello tecnico solo nell'ultimo quarto del XVIII secolo. Nell'orchestra sinfonica del secolo successivo, d'altra parte, assume subito un ruolo importantissimo all'interno della sezione dei legni, grazie al suo timbro caldo, molto amato dai romantici. Esso svolge un ruolo di sostegno agli archi e spesso gli vengono affidate parti a solo. Al clarinetto sono dedicati svariati concerti solistici, tra cui spiccano il Concerto K 622 di Mozart (uno dei primi di questo genere), due concerti e un concertino di Carl Maria von Weber. Copiosa è la produzione di musica da camera che vede il clarinetto in molteplici formazioni: sonate, trii, quartetti e quintetti. Il clarinetto è molto usato nelle bande musicali in cui riverse un ruolo paragonabile per importanza a quello dei violini in orchestra. Nel jazz è utilizzato nelle orchestre e come strumento solista e deve la sua fama principalmente al genio di Benny Goodman. |