La viola si può considerare come l'erede musicale della viella, uno strumento musicale usato dai trovieri del XII-XIII secolo nell'accompagnare le loro poesie. Dalla viella e dalla viola medioevale derivarono molti strumenti ad arco, che nelle loro successive evoluzioni portarono ai quattro strumenti della famiglia degli archi. Si distingue dal violino per le dimensioni (è circa 1/7 più grande). La tecnica della mano sinistra e dell'arco sono le stesse del violino e la chiave di lettura è quella di contralto. Le viole di piccole dimensioni (da 38 a 40 cm) hanno una voce magra e nasale, quelle grandi (da 40 a 44 cm) un timbro caldo e rotondo. La viola conserva sempre un carattere indeciso, che non le permette né le espressioni violente, né i modi brillanti e luminosi. Il suo timbro delicato e malinconico deve essere bene individuato, se si vuole sfruttare questo strumento nei limiti delle sue possibilità. Si noti inoltre che non solo il suo timbro piuttosto neutro, ma anche la sua posizione mediana fra gli archi rende poco evidente il rilievo della viola.
Se, dunque, questo strumento deve emergere, ha bisogno di cure speciali e di un'opportuna disposizione, equilibrata con le sonorità dell'orchestra. D'altronde nessun altro strumento può sostituire la viola nel suo languore poetico o nella sua penetrante intensità, soprattutto del registro acuto. La quarta corda è di emissione piuttosto difficile e può produrre un suono “soffiato”. Tutto quanto è stato detto per il violino circa i modi di produzione del suono (legato, staccato, balzato, ecc.) vale anche per la viola tenendo presente, però che i colpi d'arco brillanti, non sono molto adatti al carattere della viola, la quale, invece, per facilitare l'emissione della sua voce, preferisce colpi d'arco ben consistenti e nutriti. L'intonazione delle quattro corde della viola (partendo dalla più acuta) è la seguente:
Ed ecco l'estensione: Erroneamente si pensa che non sia uno strumento molto diffuso: motivo di ciò è il repertorio solistico piuttosto scarno rispetto alla mole di composizioni dedicate al più conosciuto violino. In realtà l'uso della viola è necessario sia nella musica orchestrale che in quella cameristica, tanto quanto il violino e il violoncello, occupando nell'armonia classica a quattro voci lo spazio del contralto. Tant'è che nel quartetto d'archi il suo uso è imprescindibile. La ragione per un repertorio solistico così limitato è principalmente il rapporto tra sonorità e dimensioni dello strumento: per avere una viola con una cubatura interna perfetta (per mantenere il rapporto tra la cassa armonica di ogni strumento e la sua estensione ci deve essere una determinata cubatura), la sua cassa armonica dovrebbe avere una lunghezza, di almeno 48 cm. Considerando che la cassa del violino è generalmente lunga circa 35,6 cm, si può immaginare le difficoltà che si riscontrano per una persona di corporatura normale a suonare con uno strumento cosi grande. Questo ha fatto sì che per poter suonare agevolmente la viola i liutai ne hanno costruite delle più svariate proporzioni che vanno dai 38 ai 46 cm di lunghezza della cassa armonica, penalizzandone spesso l'emissione e rendendone più difficile e lenta la cavata del suono, cosicché fino alla prima metà del XX secolo pochissime persone si sono dedicate ad uno studio virtuosistico dello strumento dissuadendo i compositori dallo scrivere concerti solistici dedicati. Solo l'avvento di strumentisti quali Lionel Tertis, William Primrose e Paul Hindemith (compositore di fama egli stesso), ha fatto sì che l'attenzione dei compositori del '900 portasse a una produzione solistica degna di questo magnifico strumento; esempio fulgido ne è il Concerto per viola e orchestra di Béla Bartók. Tra i maggiori violisti italiani del XX secolo vi sono Dino Asciolla, Bruno Giuranna e Luigi Sagrati. Nonostante le difficoltà oggettive che si sono riscontrate nei secoli precedenti ad affermare la dignità solistica della viola, i compositori, seppur non apprezzandone gli strumentisti, ne hanno sempre apprezzato il timbro e il suo movimento interno all'armonia; noto è, ad esempio, il gusto che traeva J.S. Bach nel suonarla in orchestra nell'esecuzione delle sue composizioni. W.A. Mozart nell'eseguire la sua Sinfonia concertante per violino e viola K 364, amava suonare la parte della viola. In generale, la viola attinge molto al repertorio degli altri archi (violino ma soprattutto il violoncello, di cui, peraltro, mantiene la stessa accordatura per quinte). Molto conosciute, infatti, specialmente nel repertorio bachiano, le suite per violoncello trascritte per viola, o le sonate e partite per violino solo sempre trascritte, che costituiscono parte importante del repertorio anche accademico della viola. Nei conservatori, infatti, nei vari compimenti di studio (base, intermedio) si portano studi scritti in origine per il violino. La prassi dell'esecuzione sulla viola di brani di repertorio pensati per altri archi si è mantenuta anche nei secoli successivi, basti pensare alle composizioni di Max Bruch - kol nidrei ad esempio - o di Ernst Bloch - schelomo; nigun-, che sulla viola ottengono un effetto di particolare bellezza. Nella musica da camera ha sempre ricevuto un trattamento compositivo di preziosa importanza e gli esempi sono innumerevoli. Anche Antonio Bartolomeo Bruni contribuì, componendo il Metodo per viola, nonché gli innumerevoli componimenti per essa. Da citare il quartetto di Bedrich Smetana intitolato Aus meinem Leben o i quintetti per archi di W.A. Mozart dove le viole in organico sono addirittura due, o anche i quintetti con pianoforte di Brahms, Schumann e Dvořák, pietre miliari della musica da camera, in cui alla viola è affidato ben più del semplice ripieno armonico, anzi le vengono attribuite numerose frasi tematiche di rara bellezza. |