Clavicembalo

Questi strumenti generano il suono pizzicando una corda e non colpendola, come avviene nel pianoforte o nel clavicordo. Il clavicembalo ha probabilmente avuto origine quando una tastiera è stata adattata ad un salterio, fornendo così un mezzo per pizzicare le corde. Il termine stesso, che compare per la prima volta in un documento del 1397, deriva dal latino “clavis” chiave (intesa come il meccanismo che utilizza il movimento del tasto per azionare il leveraggio retrostante), e “cymbalum”, termine che designava nel medioevo gli strumenti musicali con corde parallele tese su una cassa poligonale e senza manico, come i salteri e le cetre. In ogni caso, la più antica descrisione organologica del clavicembalo, che sia conosciuta, vien fatta risalire al 1440 circa.

L'età del clavicembalo copre un arco temporale di circa tre secoli (dal XVI al XVIII secolo), periodo in cui sono sorte diverse scuole in tutta Europa, sequenzialmente:

  • Italia principalmente a Venezia, Milano, Firenze, Roma e Napoli.
  • Fiandre, ad Anversa soprattutto con la celebre famiglia di artigiani Ruckers
  • Francia, principalmente a Parigi con artigiani originali e con riadattamenti di strumenti fiamminghi.
  • Inghilterra, gli artigiani più famosi situati a Londra
  • Germania, nelle zone di Amburgo, Berlino e Dresda

Il periodo 1650-1750 viene considerato l'età aurea del clavicembalo, a questo periodo appartengono i brani dei più importanti clavicembalisti della storia (Couperin, Rameau, Bach, Handel, Scarlatti) ed in questo arco temporale di circa cento anni il clavicembalo fu assurto a strumento principe della prassi musicale, non solo come strumento solistico per eccellenza, ma anche perché utilizzato come strumento ideale per la realizzazione del basso continuo. Nella stessa epoca il clavicembalo - come avverrà nei secoli successivi per il pianoforte - fu lo strumento più diffuso anche fra i musicisti dilettanti, ai quali furono destinate innumerevoli edizioni a stampa di una vasta letteratura. Il celebre matematico Leonhard Euler (Eulero, 1707 - 1783), ad esempio, amava rilassarsi suonando il suo clavicembalo.

Tutti i tipi di clavicembalo hanno un funzionamento simile:

  • La linguetta è una semplice leva che ruota intorno ad un asse orizzontale costituito da una spina che passa attraverso un foro. Nella linguetta è incastrata una penna, anticamente ricavata dal calamo di una penna (usualmente di corvo) e oggi generalmente realizzata in materiale plastico (Delrin); ogni penna è sagomata con la punta di un coltello in modo da regolarne la larghezza e l'elasticità in funzione del diametro della corda che deve pizzicare, e del timbro che si vuole ottenere.
  • Il salterello è un listello di legno con una feritoia rettangolare in cui è imperniata la linguetta. Quest'ultima è tenuta in posizione verticale da una molla, in modo che il plettro fuoriesca orizzontalmente da una delle facce del salterello.
  • Ogni salterello appoggia sull'estremità del tasto corrispondente (quest'ultimo è una leva con fulcro centrale) e scorre entro due fori allineati verticalmente, praticati in due liste di legno (registri) poste una sull'altra perpendicolarmente ai tasti. La lunghezza del saltarello è regolata in modo che il plettro, a riposo, si trovi appena al di sotto della corda che deve pizzicare. Abbassando il tasto, il saltarello si solleva e il plettro pizzica la corda; la corsa del saltarello è limitata da una barra posta orizzontalmente sopra la fila degli stessi, inferiormente guarnita di feltro, che può essere rimossa per la manutenzione.
  • Quando il tasto si rialza, il salterello ricade verso il basso per il proprio peso e la linguetta ruota all'indietro permettendo al plettro di superare la corda senza più pizzicarla.
  • In cima al salterello è posto uno smorzatore in feltro, che si appoggia sulla corda quando il saltarello è in posizione di riposo, smorzando la vibrazione quando il tasto viene rilasciato (e impedendo che la corda entri in vibrazione per risonanza quando il tasto non è premuto).
  • Nella maggior parte dei clavicembali, per ogni tasto vi sono due corde e due salterelli: per una delle due file di salterelli il registro superiore può scorrere, permettendo di allontanare i plettri dalle corde. Questo consente di escludere una delle file di corde, variando timbro e volume sonoro dello strumento, similmente all'uso dei registri dell'organo. Nei clavicembali a due manuali vi sono usualmente tre registri, e quindi tre file di salterelli: la tastiera inferiore agisce sulle prime due, quella superiore sulla terza.

Le differenze timbriche fra i diversi clavicembali sono legate:

  • al materiale delle corde (ottone giallo, ottone rosso o acciaio), alla loro lunghezza e al loro diametro, che ne determinano la tensione (la tensione ottimale delle corde è di poco inferiore al carico di rottura): la successione delle lunghezze delle corde determina la forma dello strumento (più tozzo o più affusolato) e l'equilibrio timbrico e di intensità fra le zone bassa, media e acuta dell'estensione dello strumento;
  • alla posizione della fila dei salterelli rispetto alla corda. quando per una stessa tastiera vi sono due file di corde all'unisono, una di queste risulta avere un timbro più "nasale" semplicemente perché è pizzicata più vicino al ponticello;
  • alla dimensione della cassa e allo spessore della tavola armonica.

Nei secoli XVII e XVIII esistevano numerosi tipi di clavicembalo, diversi per dimensioni, forma della cassa, posizione della tastiera rispetto alle corde, numero di tastiere ed estensione delle medesime. Queste differenze corrispondono a esigenze musicali diverse. Si deve notare che, a parte le differenze più evidenti (fra una spinetta italiana e un clavicembalo francese a due manuali, ad esempio), anche fra strumenti di forma apparentemente simile (come un clavicembalo italiano e uno fiammingo del XVII secolo) vi è differenza nel modo in cui la lunghezza delle corde varia dalle note più gravi alle più acute: ad esempio, in un clavicembalo italiano, in confronto agli strumenti fiamminghi e francesi, le corde più gravi sono più lunghe e quelle più acute sono più corte. Questo è determinato dalla forma dei ponti dal lato opposto a quello dei salterelli, e produce sensibili differenze nel timbro degli strumenti, anche perché lunghezze diverse rendono necessario l'uso di materiali diversi per le corde (ferro, ottone giallo, ottone rosso).

Nell'accezione moderna, il termine clavicembalo può indicare sia tutti gli strumenti della famiglia, sia - più specificamente - lo strumento più grande della famiglia, con una cassa di forma poligonale (con un solo lato curvo) in cui la tastiera è posizionata sul lato corto, perpendicolarmente alle corde. La cassa è più stretta (circa 90-100 cm) e più allungata (anche 250 cm) di quella di un pianoforte moderno, particolarmente negli strumenti di scuola italiana. Negli strumenti a due manuali, è possibile accoppiare questi ultimi in modo che un solo tasto faccia suonare tre corde; in questo caso, una delle tre è da 4 piedi, ossia è accordata un'ottava più in alto di quella normale da 8 piedi. Le tastiere a singolo manuale sono comuni, specialmente negli strumenti di fattura italiana, mentre in molti altri paesi la tendenza era di produrre strumenti a due manuali. Non è una sorpresa che uno strumento costruito in un certo numero di esemplari nell'arco di oltre tre secoli, presenti delle variazioni e modifiche anche di una certa importanza. Generalmente i primi clavicembali hanno minore estensione, più avanti nel tempo l'estensione aumenta, anche se esistono ovviamente delle eccezioni. Abbiamo così clavicembali con appena quattro ottave, mentre quelli più grandi ne hanno cinque o poco più. Spesso, alle tastiere più corte, veniva adattato il sistema dell' "ottava corta". Si associa facilmente l'idea del clavicembalo a quella di una tastiera dove i tasti diatonici sono neri e quelli cromatici bianchi, cioè colori invertiti rispetto a quelli del pianoforte. Questa pratica di colorazione appartiene soprattutto alla scuola francese e si ritrova anche in molti esemplari della scuola fiamminga rimodernati o riadattati dagli artigiani francesi. Nelle altre scuole non ci furono regole precise in tal senso e si possono trovare antichi strumenti con i tasti dello stesso colore di tutto lo strumento oppure con tasti fabbricati in legno di colore più o meno chiaro. Occasionalmente sono state usate per la fabbricazione dei tasti anche materie più pregiate come la madreperla. Quando i tasti cromatici sono bianchi è solo la loro parte superiore che riceve un placcaggio in avorio o in osso; i tasti integralmente in detti materiali sono molto rari. I tasti diatonici sono invece generalmente ornati, nella parte anteriore rivolta allo strumentista, di ricopertura in legno duro finemente cesellato o intarsiato.

La pubblicazione della prima musica scritta specificamente per clavicembalo solo risale intorno alla metà del XVI secolo. Degni di nota, nel corso del XVIII secolo, i concerti per clavicembalo di Bach. Oltre che per le composizioni per strumento solista, il clavicembalo era lo strumento più usato nella realizzazione del basso continuo nella musica profana, un ruolo mantenuto nell'opera fino al XIX secolo. Durante il XIX secolo il clavicembalo fu pressoché ignorato dai compositori, sostituito dal pianoforte. Tuttavia, nel XX secolo, con il crescente interesse per la musica antica e la ricerca di diverse sonorità, alcuni pezzi sono stati nuovamente scritti per questo strumento. Alcuni concerti furono scritti da Francis Poulenc (il Concert champêtre), Manuel de Falla e, infine, da Henryk Górecki. Bohuslav Martinu ha scritto sia un concerto che una sonata, mentre il Concerto Doppio di Elliott Carter è per clavicembalo, pianoforte e orchestra da camera. György Ligeti ha composto un certo numero di opere per lo strumento solo (tra cui Continuum). Tra i compositori italiani, Goffredo Petrassi ha scritto diverse composizioni per clavicembalo, tra le altre la Sonata da Camera, per clavicembalo e 10 strumenti, e la Serenata, per 5 strumenti. Tra gli 8 dialoghi di Gian Francesco Malipiero, il sesto è dedicato al clavicembalo, quasi ad omaggiare l'antica civiltà strumentale italiana del '600 e '700 tanto amata dal compositore veneziano. Da ricordare anche Doubles (1961) e Portrait per clavicembalo e orchestra (1977) di Franco Donatoni, oltre a Mordenti di Ennio Morricone. Più di recente, il clavicembalista Hendrik Bouman ha composto in stile barocco 32 assoli, 1 Concerto per clavicembalo e 2 composizioni di musica da camera con clavicembalo obbligato.

Un primo recupero del clavicembalo nell'esecuzione del repertorio originariamente destinato a questo strumento (nel corso del XIX secolo le opere per tastiera di Bach, Haendel e Domenico Scarlatti erano eseguite al pianoforte) si ebbe all'inizio del Novecento, soprattutto per iniziativa della clavicembalista polacca Wanda Landowska (1879-1959). La Landowska utilizzava un clavicembalo costruito da Pleyel, piuttosto somigliante ad un pianoforte. Strumenti come questo, anche se oggi considerati non appropriati per la musica del XVII e del XVIII secolo, conservano un'importanza per la musica che è stata composta, nella prima metà del Novecento e fino agli anni '60, appositamente per quel tipo di clavicembalo.
La vera "svolta" si ebbe negli anni '60 del Novecento con la nascita, in Europa e nel Nordamerica, di un nuovo orientamento in ambito musicale: il movimento "filologico", che considera gli strumenti d'epoca (o le copie di strumenti originali) elementi irrinunciabili per una corretta prassi esecutiva della musica del passato. I primi strumenti realizzati secondo le tecniche costruttive antiche e copiando fedelmente strumenti originali si ebbero grazie alla pionieristiche iniziative di costruttori del mondo anglosassone come Frank Hubbard e William Dowd e tedesco come Martin Skowroneck, seguiti in anni più recenti da un gran numero di costruttori. Negli stessi anni, interpreti come Gustav Leonhardt, Kenneth Gilbert, Ralph Kirkpatrick sono stati i capostipiti di generazioni di esecutori, sempre più numerose nei decenni successivi, che hanno ulteriormente approfondito lo studio della prassi esecutiva e delle fonti dell'epoca, e hanno riportato in luce un repertorio sempre più vasto.