Pianoforte

Il pianoforte è uno strumento musicale in grado di produrre il suono grazie a corde che vengono percosse per mezzo di martelletti azionati da una tastiera. L'origine della parola pianoforte è riferita alla possibilità che lo strumento offre di suonare note a volumi diversi in base al tocco, ovvero alla forza applicata dalle dita del pianista sui tasti. Questa possibilità è negata invece a strumenti precedenti quali il clavicembalo. L'esecutore può modificare il suono dello strumento anche mediante l'intervento dei pedali.


La tastiera è un insieme di tasti che vengono premuti in genere con l'aiuto delle dita delle due mani per suonare determinati strumenti musicali La disposizione dei tasti segue le dodici note della scala cromatica. I tasti della scala naturale (diatonica di Do Maggiore) sono bianchi e più sporgenti rispetto a quelli delle note alterate che sono di colore nero. I tasti sono ripetuti per più di un'ottava e, nelle tastiere moderne, come nel pianoforte, possono raggiungere le 7 ottave. I tasti possono essere azionati anche dal piede (pedali dell'organo) o coi pugni (carillon) o coi gomiti (organi antichi).


Una scala cromatica è una scala musicale composta da tutti e dodici i semitoni del sistema temperato equabile.

  • Il temperamento equabile è il sistema musicale per la costruzione della scala fondato sulla suddivisione dell'ottava in intervalli tra di loro uguali.
  • Nell'uso più frequente, l'ottava è suddivisa in 12 parti (semitoni).

Il semitono diventa quindi il più piccolo intervallo possibile tra due note.
A differenza delle scale diatoniche, composte da toni e semitoni, la scala cromatica è costituita esclusivamente da semitoni cromatici. Essa è formata da 12 suoni equidistanti fra loro (all'interno di un'ottava): è per questo perfettamente simmetrica ed ha una unica trasposizione possibile, rimane cioè identica a sé stessa a prescindere dalla nota di partenza.
Tale scala non è dunque associabile ad alcun modo musicale o tonalità specifiche.

Nei primi anni di vita il pianoforte veniva comunemente chiamato fortepiano. Era costruito interamente in legno e i martelletti erano ricoperti di pelle anziché di feltro, la sonorità era lieve e cristallina. Il primo e più importante tra i costruttori di pianoforti fu il padovano Bartolomeo Cristofori (1655-1731). Tra il 1698 e il 1700 Cristofori aveva realizzato l'invenzione di un nuovo strumento, da lui battezzato gravicembalo col piano e forte perché il principio fondamentale consisteva nell'applicazione di una martelliera al clavicembalo.

La notizia dell'esistenza del nuovo strumento si diffuse soltanto più tardi, ad opera di Scipione Maffei, con un articolo del "Giornale de' Letterati d'Italia". Maffei asseriva che erano già stati costruiti 3 strumenti di questo tipo, li lodava e completava la descrizione del gravicembalo col piano e forte con l'illustrazione di un chiarissimo schema della meccanica di Cristofori. Benché fosse estremamente semplice, essa conteneva già le parti essenziali della meccanica del moderno pianoforte: martelletti articolati, indipendenti dai tasti, forniti di uno scappamento semplice e smorzatori singoli per ogni corda. Con tale meccanica era possibile graduare l'intensità del suono, mediante la maggiore o minore forza impressa al martelletto con la pressione sul tasto. Il martelletto ricadeva indietro anche se il tasto rimaneva abbassato; in caso contrario, infatti, esso avrebbe ostacolato la normale vibrazione della corda. Il problema fu risolto appunto con l'applicazione di uno scappamento, all'inizio rudimentale e poi perfezionato in un successivo modello del 1720. In questo strumento comparve il paramartello (una sorta di "freno" che aveva la funzione di rallentare la ricaduta del martelletto dopo avere percosso la corda) e venne perfezionato il sistema degli smorzatori.

Alcuni anni dopo, altri due costruttori tentarono di costruire nuovi strumenti con la speranza di ottenere l'appoggio per la fabbricazione. Erano il francese Jean Marius, che ribattezzò lo strumento con il nome clavecin à maillets et à sautereaux, e il tedesco Christoph Gottlieb Schröter. Le loro richieste, però, non ebbero fortuna. L'appoggio e la fortuna che erano mancati a Cristofori, a Marius e a Schröter, arrisero invece a un altro tedesco, Gottfried Silbermann (1683-1753), che nella prima metà del sec. XVIII fu uno dei più apprezzati costruttori germanici di clavicembali e di organi. Silbermann aveva conosciuto l'invenzione di Cristofori grazie all'articolo di Maffei e il primo modello di meccanica da lui progettato era una fusione degli elementi derivanti dai disegni di Cristofori e Schröter.

Il nuovo strumento non piacque a J. S. Bach che ne rilevò la povertà del suono nel registro acuto e la pesantezza della meccanica. Negli anni seguenti Silbermann migliorò la meccanica e la sonorità dei modelli più recenti piacque finalmente anche a Bach. Il pianoforte non ebbe immediatamente il successo sperato. Il clavicembalo, infatti, continuò a catalizzare le attenzioni dei compositori per le sue qualità sonore che ben si sposavano con il carattere cristallino delle composizioni barocche. Intorno alla metà del '700, periodo in cui si verificò un mutamento nello stile compositivo e il gusto per l'ornamento lasciò il posto all'espressione e al colore sonoro, il pianoforte diventò uno strumento sempre più usato. Due allievi di Silbermann, Christian Friederici e Johannes Zumpe diedero vita a nuove industrie di pianoforte. Zumpe ne fondò una a Londra, nel 1760. Friedeciri realizzò un pianoforte rettangolare, che ricorda l'antico clavicordo, e che ebbe molta fortuna alla fine del 700 e all'inizio dell'800. In Italia veniva chiamato pianoforte a tavolo. Le corde erano disposte parallelamente alla tastiera, proprio come nel clavicordo. Il pianoforte a tavolo aveva una meccanica rudimentale, una sonorità lieve e dimensioni ridotte. Per questo motivo era utilizzato prevalentemente per scopi domestici, inadatto com'era alle esecuzioni in concerto. La diffusione del pianoforte a tavolo avvenne soprattutto in Inghilterra grazie all'opera di Johannes Zumpe e, successivamente, di John Broadwood.

In Italia Domenico Del Mela creò il primo pianoforte verticale, conosciuto con il nome di pianoforte piramidale. In realtà si trattava di un pianoforte in cui la cassa armonica del pianoforte a coda era stata montata in verticale.

Questa forma venne presto abbandonata quando, intorno al 1780, si creò una struttura diversa, rettangolare, e una intelaiatura più appropriata. Johann Andreas Stein, allievo del Silbermann, segnò una traccia profonda nella storia del pianoforte. Egli migliorò la meccanica di Silbermann aggiungendovi uno scappamento e smorzatori simili a quelli di Cristofori. Creò ad Augusta la sua fabbrica di pianoforti e i suoi strumenti divennero famosi per la cosiddetta meccanica tedesca, apprezzata molto da Mozart. Nel 1794 i figli, Nanette e Matthieu,asportarono a Vienna la fabbrica. Nanette sposò il pianista e costruttore Andreas Streicher e dalla loro fabbrica uscirono pianoforti a coda di alta qualità. La meccanica era la stessa creata dal padre di lei (Johann Stein), nella quale il tasto agiva direttamente sul martelletto, senza aggiunta di leve, e prese il nome di meccanica viennese.

In Francia Sébastien Erard fondò la celebre casa costruttrice di pianoforti. Nel 1777 egli costruiva il primo pianoforte prodotto in Francia e proprio Erard inventò l'unico accorgimento che mancava alla concezione originale di Cristofori: il doppio scappamento (realizzato nel 1823).
Altro importante costruttore francese fu Ignace Pleyel, i cui pianoforti furono ampiamente apprezzati da Chopin. I pedali del piano e del forte furono introdotti da Broadwood nel 1783. Nel 1794 Erard faceva brevettare a Londra un nuovo pedale del piano grazie alla cui azione si interponeva una striscia di stoffa tra martello e corda.
Nell'Ottocento l'aumento delle corde e della loro lunghezza mette in pensione il legno come materiale portante, troppo tenero per sopportare la tensione. Per questa ragione nel 1821 Broadwood rinforza il telaio con supporti metallici, e dieci anni dopo Thoman Allen sviluppa il telaio metallico. Dopo il 1850, con la maggiore diffusione del pianoforte, nascono nuove fabbriche:

  • In Austria Bosendorfer.
  • In Germania Bluthner, Bechstein, Ibach, Schimmel, Steinweg.
  • In Inghilterra Collard, Hopkinson e Chappel.
  • In Italia Schulze Pollmann e Fazioli.
  • Nel 1855, a New York, Theodor Steinway, figlio del tedesco Steinweg crea la Steinway&Sons e brevetta il pianoforte con il telaio in ghisa diventando il maggior produttore mondiale di pianoforti di qualità.

Il pianoforte è costituito dalle seguenti parti:


  • la cassa
  • la tavola armonica
  • il telaio
  • Il somiere
  • le corde
  • la meccanica
  • i pedali

La cassa è la parte esterna dei pianoforti. Esistono due tipi di cassa che si distinguono per la posizione delle corde rispettivamente in verticale od in orizzontale. La cassa del pianoforte si comporta più o meno come il mobile di una cassa acustica degli impianti hi-fi. L'altoparlante, in questo caso è costituito dalla tavola armonica, un enorme altoparlante di oltre un metro quadro nei pianoforti verticali, e due o addirittura tre in quelli a coda.

La tavola armonica presente in tutti gli strumenti a corda, é la parte di gran lunga più importante. Nei pianoforti la tavola armonica costituisce il fondo dello strumento. E’ costruita con uno speciale tipo di abete, detto "acustico" con caratteristiche di struttura particolari. Il migliore abete per le tavole armoniche proviene dalla Val di Fiemme (Trentino).

Il telaio (chiamato anche “piastra”) è la struttura portante alla quale sono fissate le corde all'interno del pianoforte. A causa degli enormi sforzi che deve reggere è costruito in una fusione di ghisa. La tensione delle corde, anche se può sembrare impossibile, raggiunge complessivamente le 15, 20 tonnellate di forza.

Il somiere consiste in una tavola di faggio massiccio nella quale sono infilate le caviglie dette anche "bischeri", cilindri fatti di acciaio lunghi 50, 60 mm. Su ogni caviglia viene avvolta una corda; ognuna di queste viene tirata, per accordare lo strumento, con una tensione che va da circa 35 kg per le corde alte ai 75-100 Kg delle corde basse.

Le corde, in un pianoforte, possono essere in numero variabile ma generalmente sono circa 220. Sono disposte in modo obliquo rispetto al mobile e incrociate tra loro. Le corde sono fatte di materiali diversi a seconda che vengano usate per il registro acuto o grave.

  • Le corde “acute" sono fatte di acciaio armonico, come quelle delle chitarre anche se più spesse.
  • Le corde dei bassi sono fatte da un'anima in acciaio armonico molto robusto e rivestita con avvolgimento a spirale di filo di rame.
  • Ad ogni tasto corrisponde un gruppo di tre corde nel registro acuto; di due in quello medio e una sola corda in quello grave.

La tastiera è quella parte del pianoforte dove sono posizionati i tasti. Lo strumento dispone generalmente di 88 tasti (sette ottave + 3 note):

  • 52 bianchi
  • 36 neri

I tasti sono disposti nella classica successione che intervalla gruppi di due e tre tasti neri.

  • I tasti bianchi corrispondono ai sette suoni della scala naturale e quelli neri ai cinque suoni alterati, non compresi in questa scala.
  • La successione dei tasti neri (a gruppi di due e tre) è la stessa degli intervalli di tono presenti nella scala naturale in quanto i tasti neri servono per ottenere i semitoni mancanti.

Come punto di riferimento centrale della tastiera viene preso il tasto Do, chiamato per questo "Do centrale".

La meccanica è una delle parti fondamentali del pianoforte.

  • Se la tavola armonica è la parte più delicata dal punto di vista acustico la meccanica è la parte più costosa e complessa dello strumento.
  • La meccanica serve, interposta tra la tastiera e le corde, a far sì che, ad ogni pressione dei tasti corrisponda una "battitura" delle corde attraverso i martelli.

Questa è un complicato insieme di pezzi, leve, rinvii, freni, nastri, molle, replicati per ognuno degli 88 tasti di cui è composta la tastiera, per un totale che può arrivare ad oltre 5000 parti distinte.

I principali componenti della meccanica di un pianoforte sono:

  • I martelli, piccoli blocchi in legno rivestiti generalmente in feltro, azionati dalla pressione dei tasti, che producono il suono percuotendo le corde. Appena la corda viene colpita dal martelletto, questo torna nella sua posizione iniziale, permettendo così alla corda di vibrare; quando il tasto viene rilasciato entrano in funzione gli smorzatori.
  • Gli smorzatori, blocchetti di legno rivestiti in feltro che hanno la funzione di soffocare la vibrazione di una corda.
  • Lo scappamento è un meccanismo che permette al martelletto di tornare alla sua posizione iniziale, dopo aver percosso la corda, mentre il tasto è ancora abbassato. Generalmente nei pianoforti a coda esiste il "doppio scappamento", un sistema che permette di ottenere la ripetizione di una stessa nota a distanza ravvicinata premendo lo stesso tasto due volte senza che questo si rialzi del tutto.

I pianoforti possiedono due o tre pedali, a seconda del costruttore e dell'epoca di costruzione. Essi sono leve poste in basso centralmente, azionabili con i piedi. La loro funzione consiste nel modificare il timbro sonoro dello strumento in vari modi. Si distinguono i seguenti tipi di pedale:

  • Di risonanza (normalmente a destra). Questo pedale solleva contemporaneamente tutti gli smorzatori. Di conseguenza, le corde continuano a vibrare anche dopo il rilascio del tasto, finché il suono non si spegne naturalmente.
  • Una corda (normalmente a sinistra), nei pianoforti a coda questo pedale sposta leggermente tutta la tastiera e la martelliera verso la destra dell'esecutore. In tal modo il martelletto azionato dalla pressione del tasto colpisce solamente una o due corde delle tre che sono associate a ogni tasto. L'effetto è quello di produrre un suono più flebile, ovattato e intimo, adatto a creare particolari atmosfere sonore. Nei pianoforti verticali il medesimo effetto (con risultato molto meno caratterizzato) viene ottenuto avvicinando i martelletti alle corde, e accorciando in tal modo il percorso che il martelletto compie per raggiungere la corda.
  • Tonale (al centro, nei pianoforti a coda), presente in alcuni modelli di pianoforte a coda, deve essere azionato successivamente alla pressione di un tasto o di un gruppo di tasti. È in sostanza un pedale di risonanza che agisce solo per un gruppo limitato di tasti, quelli premuti immediatamente prima all'azione del pedale; gli altri non saranno interessati dalla sua azione.
  • Sordina (al centro, nei pianoforti verticali), è un pedale che aziona una leva, attraverso la quale viene interposto tra le corde e i martelletti un lungo panno di feltro. Il suono così ottenuto è piuttosto attutito.

Esistono diversi tipi di pianoforte:

  • Orizzontale (a coda); Esistono modelli di lunghezza variabile dai 145 ai 308 centimetri. Producono, in ordine crescente, suoni qualitativamente sempre migliori a causa dell'ampiezza sempre maggiore della cassa armonica e della lunghezza delle corde. Il pianoforte a coda è usato principalmente per concerti ed esibizioni.
  • Verticale: è disposto verticalmente, così come la sua tavola armonica e le corde che stanno dietro alla tastiera, la sua altezza oscilla tra i 100 e i 130 centimetri. È usato principalmente per lo studio.
  • Digitale: E’ uno strumento integralmente elettronico, particolarmente mirato però a riprodurre le sonorità ed il tocco del pianoforte acustico. Rappresenta così un compromesso tra il pianoforte vero e proprio e gli strumenti elettronici a tastiera, normalmente assai lontani dalle possibilità espressive e dal mondo artistico del pianoforte. Attraverso la connessione MIDI offre la possibilità di collegamento ad altri strumenti elettronici e a personal computer.

Nella prefazione al Primo Libro delle "Pièces de clavecin" (Parigi, 1713) Couperin scriveva: " ll clavicembalo è perfetto quanto all'estensione, e di suono brillante; siccome però non è possibile aumentare o attenuare i suoni, sarò eternamente grato a coloro che, grazie a un'arte profonda e sorretta dal gusto, protranno pervenire a rendere questo strumento suscettibile di espressione. È a questo che si sono applicati i miei predecessori, indipendentemente dalla validità delle loro composizioni ". Alcuni anni prima che Couperin esprimesse questa convinzione, rivoluzionaria per l'estetica dell'inizio del Settecento, a FirenzevBartolomeo Cristofori aveva già costruito i primi strumenti capaci di "enfler et diminuer ses sons". Il tramonto del clavicembalo come strumento solista fu causato dai cambiamenti stilistici, di gusto e sensibilità verificatisi intorno al 1750. È in questo periodo che l'orientamento generale del gusto valorizzò una cantabilità più legata e ciò richiese composizioni nelle quali l'intensità dei suoni fosse variabile e graduata: era l'epoca del pianoforte. La sensiblerie preromantica identificava i nuovi ideali d'arte in una più calda e appassionata cantabilità, i suoi modelli erano la voce umana e il violino. Di fronte alle necessità espressive dell'epoca nuova il clavicembalo non era più sufficiente, il pianoforte rappresentava lo strumento nuovo, che era in grado di realizzare questi ideali. In questa fase di transizione verso un mondo espressivo nuovo, più semplice e immediato, ebbero una posizione di rilievo due figli di Bach, Johann Christian, le cui sonate incarnarono lo stile galante, ma soprattutto Carl Philipp Emanuel che testimoniò lo sforzo di rinnovamento, formale ed espressivo in numerose sonate, sonatine, fantasie, rondò, pezzi caratteristici, concerti, e riassunse con criterio sistematico nel "Versuch über die wahre Art das Klavier zu spielen"(1753 e 1762) i fondamenti e i principi dell'esecuzione strumentale del suo tempo. Haydn e Mozart rappresentano i massimi esponenti del passaggio dal clavicembalo al pianoforte. Haydn, genio in materia orchestrale, non era un virtuoso del pianoforte e in tutta la sua produzione pianistica non si riscontrano atteggiamenti di vero virtuosismo. Fra il 1760 e il 1795 scrisse 52 sonate, ma solo nelle ultime si può riscontrare una più marcata assimilazione della scrittura per pianoforte. Mozart, invece, era un celebre concertista ed egli trasferì nelle sue composizioni tutto il suo carattere brillante, cristallino, ma anche lirico e sentimentale. Era nato e cresciuto musicalmente sul clavicembalo e il suo ideale strumentale non si scostò mai del tutto da esso. Sebbene fu entusiasta del pianoforte (il 17 ottobre 1777 inviò una lettera al padre in cui annunciava con entusiasmo la "scoperta" dei pianoforti di Stein ad Augusta) e nonostante dal 1777 si fosse orientato definitivamente verso questo strumento, la sua scrittura non subì cambiamenti radicali nello stile. Soltanto nell'ultimo decennio si possono cogliere tratti già puramente pianistici, che lasciano intravedere lo stile di Beethoven (si pensi alla sonata in Do min. KV 457).

M. Clementi, che operò tra il 1770 e il 1825, costituisce la cerniera tra l'età di Haydn e Mozart e quella di Beethoven. Egli fu la figura più rappresentativa del pianismo nell'età classica e il titolo di "padre del pianoforte" inciso sulla sua lapide tombale è il riconoscimento ai molteplici interventi da lui compiuti nell'area del pianoforte. Nella sua produzione si avvertono subito i caratteri di una scrittura puramente pianistica. Il nuovo stile è ricco di sonorità piene e rotonde, continui contrasti fra legato e staccato, ricchezza di colori dinamici. Inoltre egli allargò verso l'acuto e verso il grave la zona utile della tastiera, irrobustì la scrittura accordale, intensificò l'impiego dei procedimenti a doppie note, esplorò il virtuosismo di agilità basato su passaggi di scale e di arpeggi. Con il Gradus ad Parnassum pose le basi del pianismo ottocentesco. Nelle Sonate sono presenti elementi, sia tecnici che stilistici, che influenzeranno persino l'opera di Beethoven. Questa fu la profonda differenza con Mozart, con il quale spesso fu accostato come rivale. Mozart era profondamente legato al clavicembalo e, sebbene suonasse il pianoforte correntemente durante i suoi concerti, la sua mentalità rimase costantemente legata al clavicembalo. Clementi, invece, si era dedicato da subito al pianoforte e nel 1773 pubblicava le tre prime Sonate per pianoforte op. 2.

Con Ludwig van Beethoven (1770-1827) la scrittura pianistica sviluppa al massimo grado le sue nuove possibilità. Il pianoforte diventa orchestrale e subisce l'influsso del sinfonismo di Beethoven stesso. Le allusioni a contrasti e impasti di varie famiglie strumentali sono evidenti e costanti: passi violinistici, bassi pizzicati, tremoli di timpani, accordi di legni, squilli eroici di trombe, ecc., sonorità tutte che sarebbero state irrealizzabili sull'antico clavicembalo. Lo strumento è dunque sfruttato nella pienezza delle sue più tipiche risorse, e la forza affermativa, impetuosa, imperiale del nuovo sinfonismo trova in quel pianismo il suo intero sviluppo. Quell'arte che aveva urgenza di trovare lo strumento adatto ad esprimere la propria eloquenza, il proprio impulso storico, trovava, grazie a Beethoven e al pianoforte, la sua piena realizzazione. Le 32 sonate che accompagnarono la vita di Beethoven dai 25 ai 52 anni e ne segnarono gli sviluppi stilistici. Uno dei risultati più appariscenti riguardò la trasformazione della sonata di tradizione viennese. Nelle ultime sonate Beethoven arrivò ad assorbire nel fuoco dell'invenzione una forma desueta all'architettura sonatistica qual era la fuga (del resto Clementi, con i 100 studi del contemporaneo Gradus ad Parnassum, aveva voluto che i pianisti familiarizzassero sia con lo stile libero sia con quello severo, cioè il contrappunto). Beethoven non fece mai uso del virtuosismo come forma puramente esteriore e di maniera. II pensiero che attua il mondo beethoveniano, appassionato e ebbro di concitazioni, rifiuta ogni concessione al decorativo, all'accessorio. I passi di scale veloci, di ottave, di arpeggi spezzati, gli accordi corposi o essenziali hanno sempre un significato espressivo e arricchiscono un'atmosfera carica di vibrazioni e di sentimenti che si liberano in musica.

Il Romanticismo rappresentò il periodo di maggiore splendore per il pianoforte. I compositori, guidati da una nuova sensibilità e dalla necessità di intervenire con una maggiore immediatezza, sperimentarono nuove forme di espressione musicale disgregando le regole dell'arte classica. La ricerca continua di colori sonori sempre più raffinati e lo sviluppo del virtuosismo contribuirono ad accrescere le doti tecniche del pianoforte. Le case costruttrici si affannarono per produrre strumenti che rispondessero maggiormente alle nuove esigenze tecnico-espressive. Il pianoforte divenne lo strumento principe dell'epora romantica. Il numero sempre crescente delle corde, la loro lunghezza e il maggiore diametro imponevano una intelaiatura sempre più robusta e resistente. Il telaio di legno non era più in grado di sopportare una tensione sempre maggiore. Nel 1808 Broadwood applicò per la prima volta dei rinforzi metallici sul telaio e nel 1822 perfezionò questa pratica. L'uso del metallo diventava sempre più preponderante. L'inglese Thomas Allen creò nel 1831 il primo telaio interamente in metallo. In seguito furono apportati miglioramenti a questa invenzione, fino a quando Theodor Steinway brevettò, nel 1872, il telaio detto cupola iron frame, che venne ripreso in seguito da tutti i costruttori. Sempre Steinway inventò il pedale tonale (1874), il cui effetto è quello di tenere sollevati soltanto gli smorzatori di quei tasti che si abbassano nel momento in cui si aziona il pedale.
Sul pianoforte si riconoscono e si ritrovano tutte le aspirazioni romantiche, poiché esso seppe dar voce e ali sia al lirismo intimo, sia all'acrobazia virtuosistica, le due anime che riflettono la passione e le attese musicali dell'Ottocento. Sono proprio questi due elementi che caratterizzarono tutta la produzione artistica del periodo romantico. La passione, travolgente e impulsiva da una parte e il ripiegarsi su se stesso in un intimismo poetico, sognatore, malinconico dall'altra, sono i tratti che daranno vita alle nuove forme musicali. A partire dal 1820-30 la letteratura pianistica lasciò sempre più da parte le sonate per coltivare forme più brevi, di architettura semplice, in cui bruciava con rapida fiamma il fuoco di un'ispirazíone a volte intensa, a volte notturna, spesso inquieta. L'intimismo lirico prediligeva le improvvisazioni, le forme brevi del preludio, del notturno, delle danze; ricercava il suono perlato, soffice, raffinato; evitava la folla, si rifugiava nei salotti e si confessava di fronte a pochi amici. Invece l'acrobatismo virtuosistico amava le forme più ampie del capriccio, dello studio da concerto, delle fantasie e dei pot-pourris su celebri motivi d'opera; scatenava grosse sonorità, tempeste di note, uragani di accordi e di arpeggi; cercava la folla, il trionfo, mandando in delirio le platee. F. Schubert fu l'anticipatore di quei musicisti che intesero il pianoforte come il confidente, il diario dell'anima. Amava frequentare un ristretto cerchio di amici con i quali condivideva serate musicali lontano dal clamore del grosso pubblico. Alla sua concezione del pianoforte come strumento "privato" aderirono molti musicisti: tra essi l'irlandese J. Field, L. Berger, come Field allievo di Clementi; St. Heller, F. Hiller. Ma le più alte affermazioni della letteratura romantica per pianoforte furono raggiunte da 4 musicisti coetanei: Mendelssohn, Chopin, Schumann, Liszt. L'opera pianistica di F. Mendelssohn Bartholdy si impose per la perfezione elegante della forma e per la serenità della poesia che lo fecero proclamare il più classico dei musicisti romantici. In tutte le sue composizioni sono evidenti i segni caratteristici di una musicalità lineare, spontanea, galante. Le Romanze senza parole sono tra le opere più significative del repertorio romantico, per la freschezza inventiva e la varietà con la quale egli attuò il disegno di comporre melodie accompagnate. Nelle composizioni per pianoforte R. Schumann diede vita alla parte più pura del proprio genio. Per la prima volta si può applicare a un musicista la parola musicista-poeta, non solo per il carattere della sua musica, ma anche per le considerevoli influenze letterarie che sono all'origine di quell'arte. Molti tratti caratterizzarono la sua opera, l'influenza della poesia romantica contemporanea, gli impegni programmatici di una rivoluzione che doveva essere anche rigenerazione artistica, la conoscenza della polifonia bachiana, l'ammirazione per Beethoven. Schumann fu una figura nuova nell'arte per il suo ardore avveniristico, nazionalistico e organizzativo. Fondò nel 1834 a Lipsia la rivista «Neue Zeitschrift für Musik» nella quale conduceva una vivissima lotta per la musica nuova contro l'accademismo e contro lo spirito conservatore. L'opera di Schumann costituisce uno dei capitoli più interessanti, più vivi, più inconfondibili dell'intera letteratura pianistica. In F. Chopin il suono del pianoforte si identifica con l'essenza dell'ispirazione, il suo pensiero musicale è intimamente, esclusivamente pianistico. L'arte pianistica raggiunge un'elevazione tale da non essere mai più superata. Il pianoforte viene impiegato senza nessun riferimento all'orchestra, il musicista ne sfrutta appieno tutti quei caratteri che lo strumento poteva offrirgli. Chopin si identificò con il pianoforte che divenne il tramite attraverso il quale poter trasmettere il proprio sentire, la propria anima. Impreziosì la tavolozza armonica dando alle melodie un respiro lungo, una duttilità che arrivava fino all'impalpabile trasparenza dell'arabesco. Egli accettò le forme care all'intimismo lirico che aveva trapiantato nei salotti della buona società: íl notturno, il valzer, l'improvviso, lo scherzo; vi aggiunse altre forme nate o rinate dalla sua nostalgia per la patria: la mazurka, la ballata, la polacca. Nondimeno seppe confrontarsi con forme più ampie quali la sonata e, nello stesso tempo, restringere il campo della propria ispirazione fino alla perfezione aforistica di alcuni preludi. La rivoluzione del pianoforte iniziata da Chopin, giunse a compimento con la comparsa del pianista più grande che la storia abbia mai avuto: F. Liszt. Egli apportò così importanti cambiamenti da esercitare sulla musica romantica in generale e su quella pianistica in particolare, un'influenza preponderante. Senza abbandonare le conquiste che Chopin aveva realizzato così magistralmente nel campo della poesia e del cantabile, Liszt riuscì a far uscire il pianoforte dalla sfera chiusa dei salotti e delle piccole sale da concerto per avviarlo in breve tempo verso vaste platee, davanti a migliaia di ascoltatori. Ciò facendo, realizzò compiutamente, in un'inaudita potenza fonica, quel sinfonismo che Beethoven aveva raggiunto a modo suo trasportando sul pianoforte gli effetti dell'orchestra, creando, invece, mediante una formidabile intuizione di risorse tecniche che ancora non erano state valorizzate sullo strumento, un altro sinfonismo adesso puramente pianistico, nel quale lo strumento trovava, in se stesso e nelle sue infinite possibilità, la propria registrazione sonora. La forte immaginazione pianistica permise a Liszt di adattare e trasferire sullo strumento la tecnica violinistica trascendentale di Paganini, è esemplare la sua trascrizione della Campanella, che traduce con ingegnosi procedimenti gli ampi salti di intervalli, i glissando, i pizzicato. Dopo Liszt altri compositori dedicarono le loro attenzioni al pianoforte. Nomi importanti furono: J.Brahms, la cui tendenza alle forme dilatate, all'ispessimento della scrittura non contraddice il carattere fondamentalmente lirico della sua fantasia, che si realizza in una continua introspezione. C. Franck, che nei due grandi trittici Preludio, Corale e Fuga e Preludio, Aria e Finale racchiuse alcune delle pagine più belle della sua produzione. Nella seconda metà del secolo XIX si assistette alla nascita di nuove scuole nazionali che, sulla scia del fascino di Liszt, interpretarono più o meno fedelmente quel pensiero strumentale dando vita a nuove espressioni culturali. In Russia si evidenziarono M. Balakirev, M. Musorgskij, P.I. Chaikovskij, S. Rachmaninov; In Scandinavia E. Grieg; In Spagna due figure emersero nel panorama musicale: I. Albèniz ed E. Granados.
Il periodo di stasi che il pianoforte aveva conosciuto dopo Liszt finì con l'avvento dell'impressionismo. C. Debussy è il maggior rappresentante di quella corrente artistica che concepiva la musica, come un affresco evocatore di immagini. L'influenza che egli esercitò sulla letteratura pianistica fu rivoluzionaria. In contrapposizione all'elefantesca dilatazione delle strutture, alle gonfie sonorità sottolineate da tempeste di accordi e volate di note, Debussy amava le forme brevi, il sussurro, il pianissimo, l'evocazione sonora. Creò, con poche pennellate sonore, immagini, paesaggi, stati d'animo. A proposito delle due raccolte di Images Debussy ebbe a dire "in esse si trova la trasfigurazione sentimentale di ciò che è invisibile nella natura". Il pianoforte era, ancora una volta, il terreno da quale far germogliare i colori sonori più raffinati, più nascosti, più intimi.

Il passaggio dal tardo-romanticismo al '900 fu lento e graduale. Molti compositori iniziarono la loro attività produttiva durante l'ultima fase del pianismo romantico per poi protrarsi, in netta evoluzione, fin quasi alla metà del XX secolo. Intorno alla fine dell'Ottocento si verificò un progressivo cambiamento dello stile; la ricerca timbrica, armonico-tonale e ritmica segnarono una nuova fase nello sviluppo della letteratura pianistica. Dopo Liszt, un altro grande pianista-compositore segnò un'evoluzione significativa del nostro strumento: F. Busoni. Egli, in contrasto con il pianismo dei tardo-romantici e degli impressionisti, fece ritorno ad una scrittura polifonica, senza tralasciare le conquiste trascendentali raggiunte da Liszt. Della stessa tendenza si possono citare altri pianisti e in modo particolare P. Hindemith, il cui Ludus Tonalis può essere considerato il Clavicembalo ben temperato moderno. Con M. Ravel il pianoforte conobbe una nuova era. In contrapposizione all'impressionismo di Debussy, Ravel predilesse quei valori di chiarezza e di precisione che Debussy aveva accuratamente evitato, nascosto dietro a quel suo mondo di mistero, vaghezza, dissolvimento, immaginazione. Ravel è più concreto, architettonico e per eseguire i suoi brani occorrono requisiti di chiarezza e di precisione molto raffinati. A.Schönberg rappresenta il passaggio alla musica atonale. Attento all'evoluzione che il pensiero musicale aveva subito, con il disfacimento del sistema armonico-tonale (attuato già da Wagner) egli fu l'artefice e il protagonista di quella rivoluzione tonale che nel XX secolo caratterizzerà molte opere musicali. B. Bartók trovò nel canto popolare una materia prima inedita e preziosa. Le scale, i ritmi, le melodie di quelle tradizioni etnofoniche, sconosciuti all'occidente, furono i materiali che egli utilizzò per proporre un nuovo pianismo. Bartók fu attento anche all'aspetto didattico, che si svolgeva nell'ambito del nuovo mondo sonoro da lui scoperto (ne sono testimoni i 6 fascicoli del Mikrokosmos e i 4 libri Per bambini). Come altri musicisti dell'epoca, impiegò spesso il pianoforte come strumento a percussione, ponendo in rilievo gli elementi di ossessione ritmico-timbrica. Questi effetti sonori si ritrovano anche in S. Prokofiev, il cui tragitto stilistico è segnato nelle 9 sonate che si sviluppano dagli anni di studio a quelli della maturità. A differenza di quanto si era verificato durante il secolo XIX, in cui ogni compositore aveva dedicato, chi più chi meno, molta parte delle proprie produzioni al pianoforte, nel XX secolo solo Ravel, Bartók e Prokofiev mostrarono una predilezione per l'opera pianistica che si mantenne costante per tutto il loro periodo creativo. Questo perché il pianoforte aveva perso il suo ruolo predominante che aveva avuto durante il Romanticismo e per tutto l'Ottocento. Nell'epoca moderna il pianoforte sembra avere suscitato minore interesse verso i compositori e questo può essere spiegato con motivazioni di varia natura. Da una parte è cambiata la figura del compositore, che prima era anche interprete e che rivolgeva al pianoforte (strumento che lui adoperava nelle sue esibizioni) tutte le attenzioni e le proprie ricerche tecnico-espressive; questa bivalenza, propria dei compositori del XIX secolo, di essere i creatori e allo stesso tempo gli interpreti della loro musica, aveva contribuito ad alimentare il repertorio pianistico. Dall'altra, l'attenzione posta ai problemi timbrici di tutti gli strumenti e alle possibilità di aggregarli ha spostato l'interesse di molti compositori.