Abbiamo visto come il nastro ed il disco siano i due supporti analogici per eccellenza, ma le qualità che ne hanno decretato il successo in un secolo di evoluzione tecnica valgono anche per il digitale, e così quando alla fine degli anni ’70 la tecnologia digitale era matura per un uso affidabile, sono nati i primi formati digitali che usavano come supporto ancora il nastro magnetico ed il disco, sia pur esso diventato ottico con lettura tramite laser. Le prime realizzazioni digitali utilizzavano il nastro magnetico perchè era una tecnologia matura ed affidabile e bisognava solo cambiare il modo di scriverci sopra i dati: invece di flussi magnetici continuamente variabili bastavano due livelli di magnetismo per scrivere i bit risultanti dalla conversione A/D. Nel caso dei registratori multitraccia da studio a testine stazionarie la densità dei dati era elevata e questo implicava l’uso di velocità di scorrimento elevate, non meno di 30 ips (inch per second=pollici al secondo=76 cm al secondo), ma questo non rappresentava un grosso problema per una macchina che doveva essere pesante e dispendiosa. Per le applicazioni invece più “concrete” si pensò di sfruttare la tecnologia a testine rotanti a scansione elicoidale utilizzata per la video-registrazione, che aveva il vantaggio di raggiungere elevate velocità nastro/testina mantenendo una velocità lineare del nastro abbastanza bassa da permettere autonomie di registrazione più ampie e l’uso di formati più “portatili”. Si passò quindi dai primi convertitori AD-DA di Sony, Dbx e Decca da interfacciare con i comuni video-registratori al formato R-DAT apparso sviluppato da Sony a metà degli anni ’80 che utilizzava cassette con nastro largo 4 mm mantenuto in produzione fino al 2005. Per quanto riguarda la registrazione multitraccia assistiamo negli anni ’90 all’avvento dei formati concorrenti Alesis Adat su video-cassetta S-VHS e Tascam 8 mm su video-cassetta Hi-Band 8 mm, entrambi capaci di registrare 8 tracce di audio digitale a 16 bit/48 KHz (successivamente a 20 bit).
L’utilizzo del disco (sia pur esso ottico) come supporto per l’audio digitale invece esordisce con il formato LaseDisc di Philips del 1978, che 4 anni prima del CD, che sarà il formato consumer digital audio assoluto e definitivo, ne incarnava gran parte delle caratteristiche, eccezion fatta per il diametro che era 30 cm (12 pollici). Inutile menzionare il CD che per la sua universale adozione ha dominato il mercato dalla sua uscita nel 1982 ai giorni nostri, in virtù del fatto che ha permesso una qualità di riproduzione, un’affidabilità ed una versatilità, per non parlare della sua economicità, superiore alle esigenze della media dei consumatori ancora oggi, nonostante i nuovi formati ad alta risoluzione (DVD, SACD, etc), soffrendo solo recentemente la disponibilità di formati informatici compressi e non compressi che di fatto ormai hanno reso “immateriale” la musica separandola dal supporto su cui è scritta. Rimane comunque ancora un formato di archiviazione tra i più utilizzati per la sua affidabilità e per il suo rapporto qualità/prezzo. |
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