Classificazione delle onde esistenti in natura
Possiamo definire un’onda come una perturbazione che si propaga nello spazio, trasportando energia, senza che vi sia un trasporto di materia (definizione tratta da “Fisica: idee ed esperimenti, volume secondo” di Ugo Amaldi).
In natura esistono principalmente due tipi di onde, ovvero quelle elettromagnetiche (che si concretizzano ai nostri occhi come fasci di luce) e quelle meccaniche (come le onde sonore). La differenza fondamentale tra le due è che le prime non hanno bisogno di un mezzo attraverso il quale propagarsi, mentre le seconde ne necessitano. Il mezzo usuale, attraverso il quale onde prodotte da corpi elastici sollecitano il nostro apparato uditivo, è l’aria.
Prendendo in considerazione le onde meccaniche, vediamo che esse possono oscillare in due modi diversi, ovvero longitudinalmente o trasversalmente rispetto alla direzione di propagazione della perturbazione. Esiste un terzo caso (concretizzabile nell’esempio della propagazione delle onde sulla superficie dell’acqua), in cui le particelle interessate compiono un movimento circolare, che è, però, la somma, istante per istante, dei due movimenti elencati poc’anzi.
Onde sonore
Sulla base di quanto detto sopra, quand’è che un’onda meccanica può essere chiamata onda sonora? Nel fenomeno delle onde sonore possiamo individuare quattro momenti fondamentali, che sono: lo stimolo per la vibrazione di un corpo elastico, la vibrazione del corpo, che continua anche dopo lo stimolo, la propagazione della vibrazione del corpo attraverso un mezzo, ed infine l’ascolto effettuato tramite l’apparato uditivo. Sulla base di queste osservazioni, il suono può essere definito come: “sensazione uditiva determinata da vibrazioni acustiche”, “vibrazioni acustiche capaci di determinare una sensazione uditiva” (definizioni tratte da “L’acustica per il musicista” di Pietro Righini). Da ciò si evince come il termine “suono” venga usato sia nella sua accezione scientifica e meccanica (vibrazione acustica), sia nella suo significato psicologico (sensazione uditiva). Essi sono due aspetti inscindibili del suono.
Moto circolare uniforme e moto armonico semplice
Il moto circolare uniforme è lo spostamento di un corpo, a velocità costante, lungo una traiettoria circolare. In questo moto, il corpo percorre archi uguali in intervalli di tempo uguali. Un esempio concreto (ma comunque semplificato) è il movimento che compiono i satelliti artificiali attorno alla Terra. Il periodo T, sarà il tempo impiegato dal corpo per percorrere l’intera circonferenza una singola volta, mentre la frequenza f, sarà il numero di giri al secondo che il corpo compirà. La legge fondamentale, che governa questo tipo di moto, è la seguente:
v = 2πr * (T)-1;
la formula può essere scritta anche come:
v = ωr,
poiché il valore 2π * (T)-1 viene definito come velocità angolare ω.
Il moto armonico semplice può essere teorizzato a partire dal moto circolare uniforme. Per una visualizzazione grafica pensiamo ad un corpo che si muove lungo una traiettoria circolare a velocità costante. Preso un diametro qualsiasi, se su di esso segniamo la proiezione del corpo lungo la traiettoria, presa a intervalli regolari, partendo a segnare dal momento in cui il corpo è posizionato in uno dei due punto d’incrocio del diametro con la circonferenza, avremo una serie di punti a distanze diseguali tra loro, ma disposti in maniera simmetrica rispetto al centro della circonferenza. Ciò vuol dire che la velocità del corpo non è costante, poiché esso non percorre distanze uguali, in intervalli di tempo uguali. Piuttosto è un moto accelerato, poiché, verso il centro, la proiezione del corpo compie segmenti sempre più lunghi in intervalli di tempo uguali. Ponendo i dati ripresi in un grafico spazio-tempo, l’immagine formatasi sarà una sinusoide. Ogni volta che la sinusoide attraversa l’asse dei tempi, il corpo passerà per la sua posizione di equilibrio (nel caso di un pendolo sarebbe la sua posizione “a riposo”), mentre i picchi più alti della sinusoide sull’asse dello spazio saranno le posizioni di massima distanza dalla posizione d’equilibrio (nel caso di un pendolo oscillante saranno le cosiddette elongazioni massime). Infatti anche il moto di un pendolo, oscillante per angoli piccoli (minori di circa 30°), è grafizzabile in una sinusoide, se immaginiamo di proiettare istante per istante la sua posizione su un foglio sottostante e scorrente, così da simulare lo scorrere del tempo. Se il semiperiodo positivo dell’onda parte dall’origine degli assi cartesiani, il moto può essere descritto dalla seguente formula:
y = r sen ωt.
y = a sen (ωt + φ0),
dove y rappresenta la grandezza che oscilla, a è l’ampiezza dell’oscillazione e ω = 2π/T è la pulsazione dell’onda armonica. Infine φ0 è una costante, detta fase iniziale dell’onda, che dipende da come si sceglie l’origine dei tempi. La formula può essere riscritta anche come:
y = a sen (2πx/λ + φ0).
Onde sinusoidali e fase
Un’onda sinusoidale, quindi, si ottiene dal grafico di un moto armonico semplice. Questo moto viene compiuto anche dalle molecole d’aria attraverso le quali il suono di propaga. Infatti, come nel caso di un sasso tirato in un lago, non è la materia a propagarsi, ma l’energia. Cioè, quando un corpo vibra, trasmettendo energia alle molecole d’aria, esse non si spostano, ma oscillano intorno alla loro posizione di equilibrio. Nel fare questo avviene una compressione del primo strato di molecole verso il secondo, ed una successiva rarefazione, cioè un allontanamento del primo strato dalla posizione raggiunta, verso la posizione di equilibrio ed oltre. Questo viene eseguito da tutti gli strati adiacenti di molecole, propagando così l’energia dell’oscillazione del corpo sorgente.
Interferenza
L’interferenza è il fenomeno che avviene ogni qualvolta due o più onde si incontrano nello spazio. Nell’istante in cui ciò avviene il valore dell’ampiezza dell’oscillazione è dato dalla somma dei due valori. L’interferenza può essere costruttiva, nel momento in cui il valore somma è maggiore delle due ampiezze prese singolarmente, o distruttiva, quando il valore somma è minore dei due valori singoli.
Battimenti
Il fenomeno dei battimenti avviene ogni qual volta si sommano due onde di frequenza molto vicina (nello spazio massimo di un semitono). La nostra percezione del fenomeno sarà di un’onda la cui intensità varia periodicamente nel tempo. Prendiamo ora in considerazione due onde sinusoidali, le cui espressioni sono:
y1 =asenω1t=asenσ1
y2 =asen(ω2t+φ0)=asenσ2.
La loro somma potrà essere scritta come:
y=y1+y2 =2asen[(σ1 -σ2)/2]sen[(σ1 +σ2)/2],
da cui:
y = 2a sen [(ω2 - ω1)t/2 + φ0/2] sen [(ω2 + ω1)t/2 + φ0/2].
Gli argomenti dei due coseni sono due fattori molti diversi, oscillanti a due frequenze molto diverse (la prima è una differenza piccolissima, la seconda è la media aritmetica tra le due onde). Quindi il moto può essere denominato come oscillazione armonica di ampiezza pulsante. Le onde si rincorreranno, cosicché la più veloce, inizialmente in fase con l’altra, si avvantaggerà progressivamente, tornando successivamente in fase e così via. Quindi la frequenza con cui si susseguono i minimi o i massimi dell’onda risultante saranno calcolabili tramite la differenza f2 – f1. Il fenomeno viene sfruttato per l’accordatura degli strumenti a corde. Inoltre quando i battimenti sono circa 5 o 6 al secondo l’effetto risultante è piacevole, conferendo una pseudo espressività al suono spesso apprezzata nella storia della musica (basti pensare alla massa degli archi che suonano all’unisono una stessa nota; poiché è fisicamente improbabile che tutti i musicisti stiano emettendo la stessa nota con la medesima precisione, sarà presente il fenomeno dei battimenti). La fascia di frequenze dove l’effetto si presenta nella sua miglior espressività è compresa tra 150 e 1500 Hertz.
Suoni differenziali
Quando due suoni vengono fortemente suonati contemporaneamente, essi danno l’illusione di un terzo suono più grave (il cosiddetto terzo suono, scoperto sin dal 1714 dal violinista Giuseppe Tartini), detto differenziale. Teoricamente ci sarebbero infiniti suoni differenziali, dati da tutte le combinazioni lineari delle frequenze di ognuno dei due suoni di partenza, ma la realtà è più modesta, nonostante sia comunque molto complessa.
Risonanza
La risonanza è la capacità di un corpo di convibrare spontaneamente se eccitato da uno stimolo sonoro, nel caso in cui quest’ultimo compia oscillazioni ad una determinata frequenza, detta frequenza di risonanza del corpo. Altra caratteristica importante del fenomeno della risonanza è il decremento, ovvero la capacità di mantenere la vibrazione alla frequenza di risonanza anche dopo che il corpo eccitante ha smesso di emettere. Più grande è il decremento del materiale, minore sarà il tempo di smorzamento del suono. In generale gli strumenti musicali hanno un basso decremento. Un esempio è il risuonatore di Helmholtz: esso consisteva in una sfera di vetro cava, con due aperture tubolari diametralmente opposte. Queste venivano impiegate per studiare i suoni musicali nel seguente modo: ne venivano posti una certa quantità, tutti diversi tra loro per dimensioni cosicché potessero risuonare a diverse frequenze, in prossimità di uno strumento musicale; quando esso suonava, i risonatori accordati con le armoniche di tale suono, risuonavano alle loro frequenze di risonanza. Anche i vasi risuonatori descritti da Vitruvio sono storicamente noti. Essi venivano posti negli antichi anfiteatri, di modo che vicino agli spettatori risuonassero determinati suoni. In generale possiamo dire che ogni corpo possiede una sua frequenza di risonanza (anche se non deve essercene necessariamente una singola), che sia esso una corda, un pezzo di legno pieno o cavo od una colonna d’aria. Le canne d’organo, i tubi tutt’al più conici degli ottoni, le strutture spesso cilindriche dei legni, il legno cavo di una chitarra o di un mandolino o la cassa di un pianoforte sono dei risuonatori. Essi però non hanno il solo scopo di amplificare, ma anche quello di donare un timbro allo strumento. Infatti, queste strutture amplificano od attenuano determinate frequenze, a seconda delle caratteristiche d’insieme strutturale e di quelle dei singoli materiali.
Legge acustica di Ohm
Una volta chiaro il meccanismo di propagazione del suono nell’aria è logico chiedersi come il suono si propaghi negli altri mezzi e in che modo esso si trasmetta da un materiale all’altro. Per dare risposta ai dubbi è necessario introdurre il concetto di impedenza acustica. Questo concetto è analogo a quanto detto riguardo il passaggio di corrente alternata in un determinato materiale; infatti potremmo definire l’impedenza acustica, come la capacità di un materiale di opporsi al passaggio di una perturbazione, muoventesi di moto armonico. Questa capacità è descritta dalla legge di Ohm, per la quale:
z = p / v,
dove z è l’impedenza acustica, p è la pressione media della perturbazione e v è la velocità di propagazione del suono nel mezzo stesso. L’impedenza z è legata alla densità del materiale ρ ed alla velocità di propagazione longitudinale nel mezzo c, tramite la relazione z = ρ * c. Per la modalità di propagazione del suono nei diversi mezzi possiamo dire che nei materiali a stato gassoso il suono si propaga, in caso di assenza teorica di ostacoli, in maniera sferoidale; nei materiali a stato liquido la perturbazione si propaga seguendo direzioni longitudinali, mente in quelli a stato solido la perturbazione si propaga seguendo direzioni sia longitudinali che trasversali, ma i due moti combinanti punto per punto, hanno velocità diverse. Nel passaggio da un mezzo all’altro, la capacità di trasmettere energia sonora viene quantificata nel coefficiente di riflessione dell'energia sonora incidente (r), mediante la seguente relazione:
r = [(z1 – z2)/ (z1 + z2)]^2.
Osserviamo che il valore sarà sempre minore od uguale ad 1 (il coefficiente uguale a 1 quantifica la situazione di totale riflessione dell’energia della perturbazione incidente; la situazione in cui il valore di r sia uguale a 0 rappresenta la situazione di energia tutta assorbita); inoltre sarà sempre positivo a causa dell’elevazione alla seconda potenza.
Fenomeni di riflessione
Come detto poc’anzi, quando un’onda sonora, immersa in un mezzo di propagazione, incontra un mezzo di caratteristiche diverse durante il suo percorso, una parte dell’energia dell’onda verrà riflessa dal secondo corpo, tranne nel caso in cui le impedenze acustiche dei due mezzi siano uguali. Da ciò conseguono vari fenomeni legati all’acustica degli ambienti. Sottolineiamo, prima di esaminare questi fenomeni, che il potere separatore del cervello umano è di circa 100 ms. Questo vuol dire che se due suoni arrivano al nostro apparato percettivo ad una distanza temporale minore di 100 ms, il cervello non riuscirà a distinguere i due suoni come separati, ma ne percepirà uno singolo.
Eco
L’eco consiste in una serie di riflessioni del suono, che il cervello percepirà come separate. Un esempio che tutti conosciamo è quello dell’uomo che urla dall’alto di un burrone. La perturbazione sonora da lui innescata verrà riflessa dalle pareti rocciose finché l’energia dell’onda non sarà stata tutta dispersa. Prendendo in considerazione il potere separatore del cervello umano e la velocità del suono nell’aria ad una temperatura di 20° (valore che approssimeremo a 340 m/s), vediamo che in 100 ms il suono avrà percorso 34 metri. Considerando il percorso di andata e ritorno, vediamo che per apprezzare il fenomeno dell’eco sarà necessario che la parete riflettente sia distante dalla sorgente sonora non meno di 17 metri.
Riverberazione e rimbombo
Nel caso in cui la riflessione di un’onda sonora arrivi all’apparato uditivo ad una distanza temporale minore di 100 ms, il cervello percepirà un solo suono, in cui la riflessione è una sorta di prolungamento del suono diretto. Ovviamente nella realtà la riflessione è difficilmente singola. Basti pensare all’effetto più noto di riverberazione, ovvero quello che avviene in una chiesa, dove le navate e altre strutture particolari fanno da cassa di risonanza. Ogni ambiente ha una sua caratteristica di riverberazione, dipendente da molti fattori, come i materiali di costruzione e la forma, ed essa diviene caratteristica fondamentale della musica stessa che verrà suonata in quell’ambiente. Il riverbero è considerato come una regolare serie di riflessioni. Il rimbombo invece è proprio l’opposto: infatti, esso consiste in una serie di riflessioni disordinate, che fortificano alcune componenti del suono. Dal rimbombo dipende la buona acustica di un ambiente: più esso sarà disordinato, peggiore sarà l’acustica di un ambiente.
Rifrazione, diffrazione, assorbimento
Fare riferimento agli appunti di Elettroacustica.
Onde progressive e stazionarie, nodi e ventri, armoniche
Un’onda stazionaria è un’onda le cui caratteristiche globali non variano nel tempo. In pratica questo avviene a causa di un’onda che viene riflessa da ambo i lati, lungo una stessa direzione (quando l’onda viene riflessa si capovolge). Infatti, dopo un certo tempo, le onde riflesse si sommeranno punto per punto, finché l’onda risultante non si propagherà più lungo la direzione, ma compierà solo un movimento perpendicolare ad essa. In realtà le onde persisteranno, ma per i fenomeni d’interferenza sembreranno scomparse. Questo avviene poiché l’energia sarà distribuita lungo la direzione e agirà, punto per punto, nei due versi con egual modulo. Quanto appena descritto può essere applicato, ad esempio, al caso di una corda di uno strumento come la chitarra od il clavicembalo, ma anche negli strumenti a fiato od a percussione avviene il fenomeno delle onde stazionarie; le onde usuali, quelle in cui avviene trasporto di energia . Considerando il caso di una chitarra, se pizzichiamo la corda esattamente al centro della sua lunghezza la corda si tenderà finché al centro lo spostamento sarà massimo, mentre nei punti in cui la corda è fissata sarà nullo. Chiamiamo questi due punti rispettivamente ventre e nodo. Se pizzichiamo la corda ad un quarto della sua lunghezza, avremo una situazione in cui, partendo da uno degli estremi e procedendo per quarti di lunghezza, avremo l’alternarsi di un nodo e di un ventre (rispettivamente in tutto saranno tre e due). Intuitivamente possiamo procedere dividendo ancora per due il punto in cui viene pizzicata la corda, generando moti sempre diversi, detti modi normali. In generale, quando pizzichiamo una corda, non generiamo mai uno solo di questi moti, ma più di essi contemporaneamente, generando oscillazioni dette armoniche. La prima armonica, che chiameremo fondamentale, determinerà l’altezza del suono; quelle successive, dette armoniche superiori saranno tali da soddisfare la relazione:
n-esima armonica = n * fondamentale
con n appartenete all’insieme dei numeri naturali.
Il teorema di Fourier
Secondo il teorema di Fourier, ogni funzione periodica, finita, continua e dotata di derivata, può essere ottenuta mediante somma di funzioni sinusoidali, pesate da un determinato coefficiente, nei cui argomenti compaiono tutte le frequenze multiple di una determinata frequenza, detta fondamentale, la quale determina il carattere di periodicità dell’onda. L’espressione matematica generale è: ∞ y(t)=A0 +∑An sin(nω0t+φn) n=1 Da ciò consegue:
L’inviluppo; transitori d’attacco e di estinzione L’inviluppo di un suono può essere suddiviso anche in:
Legge di Young
Riprendendo quanto detto nel paragrafo 1.12 a proposito di nodi e ventri, enunciamo ora la legge di Young: in un corpo elastico atto a vibrare, nel luogo in cui agisce la forza eccitatrice non possono formarsi punti nodali: saranno pertanto impedite tutte le vibrazioni armoniche che avrebbero dovuto avere uno di questi punti nella zona interessata.
Questo è di particolare importanza per la formazione del timbro degli strumenti. Ad esempio, non è un caso che le corde del pianoforte vengano percosse dal martelletto a circa 1/8 della loro lunghezza: facendo ciò, infatti, si ostacola la formazione delle armoniche 7, 8, 9. Altro esempio può essere quello delle varie indicazioni, scritte nelle parti per violino, come “sul ponticello” o “sulla tastiera”, atte a modificare il timbro dello strumento. Elenchiamo di seguito i risultati di uno studio sul ruolo delle varie armoniche dei suoni:
Cordofoni
Gli strumenti facenti parte della classe dei cordofoni, sono tutti quelli in cui la produzione del suono avviene tramite l’eccitamento di una corda giustamente tesa. Nel sollecitare la corda, le si trasmette energia; la deformazione si propagherà lungo la corda, fino a raggiungerne gli estremi, riflettendosi ed invertendosi di fase. Ora sulla corda ci sarà la presenza di più modi normali, ovvero di vibrazione armoniche1, che persisteranno fino all’esaurimento dell’energia. I nodi, che sono sempre presenti agli estremi della corda, si susseguono ad una distanza che varia secondo la relazione L/n, dove L è la lunghezza della corda ed n il numero dell’armonica presa in considerazione (in questo caso associamo il valore 1 alla fondamentale); il discorso vale anche per i ventri, tenendo presenti che agli estremi non è possibile la formazione di uno di essi. La lunghezza d’onda di ogni armonica si potrà ricavare dalla seguente relazione:
L=(λn *n)/2→λn =2L/n,
mentre la frequenza di ognuna di essa si potrà ricavare da:
fn =v/λn →fn =vn/2L.
Per via dell’uguaglianza v = (Τ/μ)1⁄2, dove Τ è la tensione applicata alla corda e μ è la densità rettilinea, la formula può essere riscritta nella forma:
f =n(Τ/μ)1⁄2/2L n
L’intensità delle varie armoniche dipenderà dalla modalità di sollecitazione della corda (pizzico, con plettro, con martelletto, per sfregamento) e dal punto in cui avviene la deformazione. Per la quasi totalità degli strumenti cordofoni il punto di eccitamento è situato tra 1/7 e 1/9 della lunghezza della corda. Questo permette, secondo la legge di Young, di sopprimere le armoniche 6 e 8, che inaspriscono il suono, pagando però il prezzo della soppressione della armonica 7, che conferisce chiarezza. La frequenza di vibrazione è influenzata da alcune caratteristiche della corda; ovvero, essa è:
L’intensità della vibrazione dipende dall’entità della forza eccitatrice.
Strumenti ad arco
Gli strumenti ad arco si differenziano dagli altri strumenti a corde per due motivi fondamentali, ovvero la modalità di eccitamento della corda e il funzionamento della cassa di risonanza. Le corde di questi strumenti vengono eccitate lo sfregamento coi crini dell’archetto. Il contatto tra la corda e l’archetto non è continuo, perché, infatti, non si avrebbero vibrazioni sulla corda. In realtà, questo avviene ad intermittenza. In un primo momento l’archetto, che si muove di moto rettilineo, deforma la corda, finché la tensione della corda non vince la forza traente. In questo momento la corda scatta verso la posizione di riposo, proseguendo anche oltre e raggiungendo l’elongazione massima nel verso opposto alla direzione dello sfregamento, finché la resistenza ferma di nuovo il movimento. Ora l’archetto è rientrato in contatto con la corda ed il processo si ripeterà. La cassa di risonanza degli strumenti ad arco è di tipo particolare. Infatti essa possiede un cilindretto di legno di abete, chiamato anima, che rende meccanicamente solidali il fondo ed il coperchio della cassa armonica. Il coperchio viene messo in vibrazione tramite la trasmissione di energia che inizia con lo sfregamento. Questo, infatti, mette in vibrazione la corda, che sollecita il ponticello; questo trasmetterà a sua volta le vibrazione alla tavola armonica superiore. Nella cassa c’è anche un altro pezzo di legno (detto catena), a forma di sbarra, incollato longitudinalmente allo strumento, che ha la funzione di rinforzare il sistema su cui grava il peso della tensione delle corde e di migliorare la qualità e la potenza del suono.
Pianoforte
Le corde del pianoforte vengono percosse da martelletti rivestiti in feltro. Il timbro dipende, come già detto, dal punto di contatto tra martelletto e corda, ma anche dal cosiddetto tocco del pianista. I tocchi possibili sono numerosissimi e dipendono sì, dal peso e dalla forza agenti sul tasto, ma, considerando il corpo umano come facente parte del sistema (con le sue articolazioni comandate dal cervello, e quindi dall’intenzione del pianista), vediamo che essi dipendono, anche e soprattutto, dalla velocità con cui viene sollecitato il martelletto. Il movimento del martelletto può essere suddiviso in più frazioni, ovvero:
Più violento è il contatto, meno la corda risentirà della legge di Young, rendendo il suono ricco di armoniche e con timbro quasi metallico. Più sarà morbido il contatto, più le armoniche superiori saranno assenti, rendendo il suono più dolce. Il corpo dello strumento fa da cassa di risonanza, comportandosi in modo molto complesso. Tutti le varie parti, comprese le corde non suonate, vibrano in seguito all’eccitazione della corda. Il suono si propaga in questi pezzi a velocità diverse, generando fenomeni d’interferenza, accentuate dallo sforzo cui è soggetto il telaio in conseguenza della tensione delle corde (nel pianoforte, questo valore è di circa 20 tonnellate).
Arpa
L’arpa è uno strumento molto semplice dal punto di vista acustico. Infatti il suono viene generato da una corda, tesa tra due punti, che viene pizzicata col polpastrello. L’energia trasmessa all’ambiente dalla sola corda non è di grande entità, quindi si rende necessario l’accoppiamento di essa con un sistema risonatore, aumentando il volume a contatto con l’ambiente.
Aerofoni
Negli strumenti a fiato, che usano come corpo degli strumenti i cosiddetti tubi sonori, la creazione di onde stazionarie segue un ragionamento analogo a quanto detto per le corde ad estremi fissi. Entrando nello specifico, vediamo che, quando viene insufflata l’aria nella canna2, si crea subito una zona di compressione in adiacenza dell’imboccatura. Questa si propaga fino ad uscire dal tubo. In questo momento si crea una zona di rarefazione nella parte terminale del tubo; questa rarefazione si propaga, con verso e fase inversi, nel tubo, fino a ritornare nella parte dove è presente l’imboccatura. Qui, la colonna d’aria deve ricevere un altro impulso, facendo ripartire il meccanismo con perfetto sincronismo. Altro fattore importante in quest’analisi è il fatto che l’onda stazionaria si sviluppa un po’ oltre il termine del tubo sonoro, poiché mantiene una piccola forza, di verso parallelo all’impulso. In generale, si possono individuare due tipi di tubi sonori, ovvero quelli aperti su entrambi i lati e quelli chiusi su un solo lato. Nei tubi aperti su entrambi i lati, agli estremi si avrà la formazione di punti ventrali, mentre alla metà della loro lunghezza si formerà un punto nodale. Questo ci riporta alla situazione esposta per le corde ad estremi fissi: infatti, la lunghezza d’onda della nota fondamentale dello strumento sarà ricavabile dalla relazione:
λ = 2L
e, per le armoniche superiori la relazione sarà:
λn = 2L/n.
Dalla prima relazione si ricava:
L = v/2f.
Per quanto riguarda i tubi chiusi da un lato, il discorso è diverso. Infatti possiamo intuitivamente arguire che sul lato aperto dovrà formarsi un ventre e sul lato chiuso un nodo. Quindi, la vibrazione fondamentale riuscirà a percorrere solo un quarto della sua lunghezza d’onda (metà semiciclo), che sarà uguale alla lunghezza del tubo, da cui:
λ = 4L
Le lunghezze d’onda di cui sopra, necessitano di un coefficiente di correzione, detto correzione di bocca; ciò per il fenomeno citato al secondo capoverso di questo paragrafo. Ogni strumento aerofono ha un suo tipo di imboccatura. Queste vengono divise in tre gruppi.
Imboccatura naturale
Questo tipo d’imboccatura, detta anche di flauto, consiste in un foro, che può essere praticato in diversi modi, su un tubo sonoro. Quando il musicista soffia nel foro, l’aria si infrange contro lo spigolo di esso, generando un miscuglio di vortici e vibrazioni, delle quali saranno esaltate solo le componenti con lunghezza d’onda compatibile con quello del tubo. Questo meccanismo viene sfruttato in tutti i tipi di flauto (dritto, traverso, ocarina, ecc.) sia in alcuni tipi di canne d’organo.
Imboccatura ad ancia doppia
Il meccanismo consiste in due linguette di legno o metallo, poste al vertice dello strumento, leggermente curvate, così da creare una fessura ogivale, nella quale avverrà l’insufflazione d’aria. Le linguette sono elastiche e quindi, al soffiare dell’esecutore, vibreranno in accordo col suono emesso dal tubo. Negli ottoni, l’imboccatura è detta a bocchino, e in essa le labbra del musicista faranno da ancia doppia. Altri strumenti sono l’oboe, il fagotto, alcuni sarrusofoni e alcuni tipi di canne d’organo.
Imboccatura ad ancia semplice, libera o battente
L’ancia semplice libera viene fissata ad una armatura ed ha un periodo di vibrazione correlato con le sue caratteristiche fisiche (dimensioni e materia) e dal suo condizionamento elastico. Quindi la canna dovrà essere accordata con l’ancia. Per questa ragione, l’ancia semplice libera viene usata per tubi sonori che devono emettere un suono, come nel caso dell’organetto o di alcuni tipi di canne d’organo. Il caso dell’ancia semplice battente è più complesso. L’ancia è una sottile linguetta di metallo o di legno, applicata ad un’armatura con una finestruola di dimensioni poco più piccole dell’ancia, di modo che essa trovi un impedimento nella sua vibrazione e batta contro il bordo del foro con un movimento asimmetrico. Questa situazione è simile a quella di un pendolo la cui oscillazione sia forzata in uno solo delle direzioni di elongazione rispetto alla sua posizione di riposo. Questa situazione ha una energia minore di quella in cui il pendolo oscilla nei due versi. Ciò è simile a quanto accade agli strumenti con ancia battente, poiché nel tubo si rileva un calo della pressione media, correlato con l’asimmetria del movimento.
Il clarinetto
Il clarinetto è un tubo aperto che possiede l’ancia battente, ma nonostante ciò si comporta come un tubo chiuso. L’ancia battente non è l’unica causa del fenomeno poiché anche il sassofono è dotato di ancia battente, ma non ha questo comportamento. L’accoppiamento dell’ancia battente e del tubo cilindrico è la causa del comportamento del clarinetto, nel quale le armoniche pari non saranno assenti, ma molto attenuate. La non totale assenza delle armoniche pari è da ricercarsi nella zona ventrale che si forma tra l’imboccatura ed il nodo, che sarà molto vicino all’imboccatura. L’ampiezza delle armoniche pari diviene via, via meno trascurabile.
Strumenti a percussione
La famiglia degli strumenti a percussione è una delle più vaste e variegate. L’elemento comune tra di essi è la modalità di eccitamento del corpo sonoro, ovvero la percussione, avvenente tramite diversi mezzi, come le mani o bacchette di legno; la struttura, però, varia enormemente da uno strumento ad un altro. Essi vengono suddivisi in più categorie, ovvero: verghe e lamine; regoli; piastre; membrane.
Verghe, lamine e regoli
La differenza tra verghe, lamine e regoli risiede nelle dimensioni che sono caratterizzanti per la qualità del suono. Parallelepipedi discretamente spessi rispetto alla propria lunghezza sono detti regoli (celesta, xilofono, vibrafono); oggetti simili ma meno spessi e più allungati sono detti verghe (diapason a rebbi); se il corpo invece è sottile ed allungato esso viene detto lamina (ance di legno o di metallo). Generalmente regoli e verghe producono suoni di altezza determinata, mentre le lamine producono suoni di altezza indeterminata; esistono, però, zone di transizione tra una configurazione e l’altra nelle quali possiamo trovare diversissimi strumenti. Le caratteristiche fisiche degli oggetti sono così legate alla frequenza:
f = (k * e)/l^2,
dove k è il coefficiente costante legato alla materia di cui è composto l’oggetto, e lo spessore ed l la lunghezza. In generale troviamo due modi di vibrazione degli oggetti considerati, ovvero il modo simmetrico e quello asimmetrico. La possibilità che il corpo segua l’uno o l’altro modo, dipende dalla libertà di vibrazione o meno degli estremi (rispetto alla lunghezza) del corpo stesso. Il moto simmetrico assomiglia alla situazione della canna aperta; il moto asimmetrico ha analogie con la situazione della canna chiusa da un lato, in quanto è impedita la formazione delle armoniche dispari. In alcuni casi, oggetti come i regoli vengono appoggiati su due sostegni feltrati ed equidistanti dalle estremità del corpo, così che la vibrazione fondamentale sia la prima armonica del moto simmetrico (quella che ha i nodi ad 1⁄4 e 3⁄4 della lunghezza dell’oggetto, e quindi lunghezza d’onda pari a quella dell’oggetto).
Piastre
Le piastre possono essere considerate come un insieme di verghe, unite a formare un piano di maggior superficie. Anche questa è una famiglia molto vasta, che comprende strumenti sia curvi (gong, campane tubolari, campanacci) che piani (piatti, tam-tam). In generale il suono è strettamente legate alle proporzioni esistenti tra superficie e spessore della piastra. Questi strumenti possono essere fissati al centro o per mezzo di corde passanti in fori posti alla periferia del corpo, così da influenzare il meno possibile le vibrazioni. La modalità di vibrazione delle piastre è molto complessa, ma può essere esemplificata tramite la trattazione del caso dei bicchieri di cristallo. Prendendo in considerazione una sezione dell’oggetto perpendicolare al suo asse, troviamo la figura di una circonferenza. La vibrazione si svolgerà di modo che la figura sarà divisa in un numero pari di settori contigui, che vibreranno in opposizione di fase l’uno rispetto all’altro. La situazione reale è in buona parte complicata dal fatto che i materiali di costruzione non hanno densità omogenea e quindi sullo stesso oggetto coesistono più modi di vibrazione con frequenze prossime, ma non uguali.
Membrane
Le membrane, che per loro natura non sono elastiche, vengono tese su appositi supporti. La vibrazione di tale oggetto è paragonabile al caso di una corda estesa in due dimensioni. Ovviamente, visto il fissaggio, il bordo sarà sede di una circonferenza nodale, mentre al centro si forma un punto nodale di scarsa definizione. Nel resto della superficie troviamo zone ventrali, separate da linee nodali. A secondo del punto di eccitamento, possono generarsi più modi normali. Inoltre, la definizione dell’altezza del suono dipende da fattori come la regolarità della tensione della membrana ed il tipo di supporto utilizzato.
Emissione vocale e regioni formantiche
Lo strumento d’emissione sonora più versatile e, fino a poco fa, meno studiato è la voce umana. L’importanza di questo strumento è sottolineata, ad esempio, dal fatto che l’apparato uditivo è ottimizzato al fine di poter decifrare la voce, in primis, ed i suoni naturali, e quindi tutto il sistema psicofisico di percezione dei suoni è basato sulle caratteristiche della voce. Il fatto che l’emissione della voce avvenga tramite l’utilizzo dell’aria, può portare verso associazioni sbagliate: infatti la voce non funziona come uno strumento a fiato, pur avendo alcune caratteristiche simili. L’organo vocale comincia con i polmoni, che fungono da mantice: infatti, in essi viene accumulata aria, che viene spinta fuori dalla diminuzione del volume dei polmoni avvenente tramite la contrazione del diaframma e dei muscoli intercostali. Da qui l’aria giunge dapprima nella trachea e poi passa per la laringe, ovvero lo spazio presente tra le corde vocali. In realtà le corde vocali, non sono corde, ma piuttosto delle pieghe del tessuto, che si tendono al passaggio dell’aria. Esse sono unite a un estremo alla cartilagine tiroidea (o pomo d’Adamo), e all’altro estremo alle cartilagini aritenoidi, le quali sono estremamente mobili, grazie ad un complesso sistema di muscoli. Grazie al flusso d’aria che attraversa l’apertura tra le corde vocali, o glottide, esse vengono messe in vibrazione, modulando la pressione dell’aria ad un determinato contenuto spettrale. Il complesso del tratto vocale influisce selettivamente sul timbro della voce, esaltando le componenti spettrali i cui nodi sono prossimi a quelli dei modi normali, dando luogo alle cosiddette frequenze formanti. Queste frequenze sono diverse per ogni vocale (possono essere modificate da deformazioni meccaniche della mascella, della lingua o delle labbra), e la loro altezza dipende dal valore della tensione di ripristino esercitata dalle corde vocali in risposta alla pressione polmonare, che tende ad aprire la glottide. Più è grande la tensione elastica di ripristino, che tende a riportare le corde vocali a contatto tra di loro, più elevata sarà la frequenza del suono prodotto. Nonostante ciò le principali frequenze formanti rimangono uguali al variare dell’altezza del suono. Da qui possiamo notare un evidente disaccoppiamento della tratto vocale (laringe, faringe, cavità orale) rispetto al sistema oscillante delle corde vocali: le due strutture agiscono in maniera diversificata, come onda portante ed onda modulante. Le consonanti fricative (f, s, sc) vengono emesse con la glottide completamente aperta, con un passaggio turbolento di aria attraverso una strozzatura (ad esempio denti-labbra); le consonanti occlusive (p, b, t, k) tramite un violento passaggio di aria attraverso l’apertura improvvisa di una parte della cavità orale (le labbra per la p, denti e lingua per la t, ecc.) |
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